Il Dogma dell’Alta Magia

Il Dogma dell’Alta Magia di Elifas Levi riconosce l’esistenza di una filosofia occulta che sarebbe la madrina di tutte le religioni, di tutte le forze intellettuali e di tutte le oscurità divine. Questa dottrina costituisce il tronco nascosto di tutte le sacre scritture e di tutte le iniziazioni, assurte così a ramificazioni particolari e contingenti dell’unico albero. Essa germina tutte le tradizioni iniziatiche e religiose dell’Egitto, dell’India brahmanica, della Grecia, della Persia; la conoscenza di questa dottrina rende gli adepti in grado di esercitare un controllo assoluto sulla materia: Levi racconta che gli uomini che possedevano questo sapere erano in grado di uccidere o di fare impazzire chi si lasciava avvincere dal loro prestigio. Ritroviamo qui una delle idee caratteristiche, ancorché secondarie, dell’esoterismo occidentale. Tuttavia, Levi non pensa alla trasmissione di una verità trans-storica, perché la dottrina primordiale non è altro che la Cabala, arbitrariamente identificata con la scienza dei magi; la cui alleanza originale con il cristianesimo, è stata disconosciuta per paura ed ignoranza. Riconoscere questa concordanza significa, per Levi, riuscire a conciliare la scienza con il dogma, la ragione con la fede. Del resto, sempre per Levi, la visita dei re magi alla culla del Redentore confermerebbe questo primitivo sodalizio tra Cristianesimo e magia. Elifas Levi sostiene che le tracce di quest’alleanza possono essere ritrovate in due libri, che la Chiesa non riesce in fondo a capire, ma al contrario perfettamente intelligibili all’iniziato: l’Apocalisse e la Profezia di Ezechiele. Accenna, tuttavia, anche ad un terzo libro, occulto e popolare insieme ed ancora più antico di quello di Enoch, nel quale è racchiusa la chiave di tutti i misteri.

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