Cos’è l’Albero della Vita
L’Albero della Vita è un mandala, un simbolo e, come tale, è un elemento comunicativo che esprime contenuti significativi sul piano delle idee, rappresentando la realtà invisibile e intangibile che vive dietro ogni fenomeno ed ogni forma materiale.
La realtà trascendente può, dunque, manifestarsi in modo immanente mediante il simbolo. In pratica, l’Universo formale che noi conosciamo è il simbolo della realtà metafisica.
Considerando una teoria che da sempre rappresenta una pietra miliare nel panorama delle conoscenze esoteriche, gli schemi che tengono insieme in maniera funzionale realtà infinitamente grandi, sono gli stessi che si ritrovano nelle realtà infinitamente piccole (come in alto così in basso).
Dunque, il diagramma che rappresenta l’Universo (macrocosmo) è lo stesso che rappresenta l’Uomo (microcosmo).
Il simbolo, però, non si identifica con il principio che esprime: per comprendere tale principio occorre far uso dell’intuizione.
La mente empirica, che concettualizza il simbolo e lo interpreta razionalmente, degrada il simbolo stesso riducendolo ad un mero guscio vuoto. Pertanto, è raccomandabile l’utilizzo meditativo del simbolo, in quanto la conoscenza puramente speculativa non conduce alla comprensione del principio ideale in esso contenuto.
La struttura dell’Albero della Vita è un diagramma in cui sono compendiate infinite possibilità espressive, in quanto contiene in sé la realtà totale.
L’Albero della Vita può essere meditato a livello fisico, psicologico, metafisico, ontologico, teurgico ed altro ancora.
Questo diagramma è composto da 10 Sefirot (le sfere), e 22 lettere-numero dell’alfabeto ebraico (i canali che collegano fra loro le 10 sfere). Insieme costituiscono i 32 sentieri della conoscenza.
C’è una metafora molto sottile che descrive questo diagramma: se l’Albero della Vita fosse un palazzo, i dieci Sefirot sarebbero le stanze e le ventidue lettere i corridoi che le collegano.
Le Colonne del Tempio
Kether è costituita da Chokmah e Binah, considerate le due colonne su cui poggia il Trono di Luce.
In effetti, Chokmah e Binah sono gli apici delle due colonne laterali dell’Albero della Vita.
Queste colonne rappresentano il binario su cui si fonda la Creazione. Esse sono Yachin e Boaz, le colonne del Tempio di Salomone, sulla cui porta è scritto “conosci te stesso”.
Queste colonne però sono anche i due serpenti del caduceo di Ermete (l’Albero ed il Caduceo sono simboli dello stesso principio).
La differenza è lampante: le colonne sono un binario statico, i due serpenti si intrecciano tra loro. Infatti le polarità energetiche si invertono in un sistema dinamico e mai statico.
Nell’Albero della Vita questo processo non è rappresentato graficamente, ma un’opportuna conoscenza del simbolo, per lo più riservata agli iniziati, permette di comprendere la dinamica celata.
C’è un velo che separa la Prima Triade dal resto dell’Albero della Vita che per la mente umana non è possibile oltrepassare.
Gli iniziati che percorrono il sentiero di risalita che conduce all’origine, non possano varcare questa soglia se non per mezzo di intuizioni del tutto estemporanee, ottenute in uno stato di profonda meditazione già di per sé difficile da raggiungere.

Pertanto, all’altezza di questo velo, è stata posta una “Sefirah fantasma”, che non fa parte dell’Albero della Vita. Si tratta della Sefirah Da’at, la Conoscenza. Essa rappresenta il punto più alto sull’Albero della Vita a cui può giungere la consapevolezza umana.
Nel microcosmo, Da’at è posta al livello del cervelletto e del midollo allungato, che è la parte più antica della nostra struttura cerebrale.
Qui, accade una cosa: i fasci motori, provenienti dalla corteccia cerebrale e diretti verso il midollo spinale, formano le piramidi, dove avviene la loro decussazione, ovvero si incrociano a X. Questo è il motivo per cui l’emisfero cerebrale destro comanda la parte sinistra del nostro corpo, e l’emisfero cerebrale sinistro quella destra.
Parimenti, nell’Albero della Vita vediamo due vie che incrociano Binah-Chesed e Chokmah-Gheburah – E’ proprio l’incrocio di queste due vie a dare origine a Da’at.
Dunque, è come se il ternario superiore fosse invertito specularmente rispetto alle Sefiroth inferiori: Chokmah, il nostro emisfero sinistro, comanda Geburah, la mano destra. Viceversa, Binah, l’emisfero destro comanda Chesed, la mano sinistra.
Nel glifo dell’Albero della Vita questo concetto non è rappresentato, e raramente viene enunciato, ma è per questo che, quando l’Albero della Vita viene applicato a se stessi, occorre invertirlo specularmente, cioè guardarlo come se ci stessimo guardando in uno specchio.
Invece, se decidete di affrontare una meditazione sui massimi sistemi dell’Universo piuttosto che su voi stessi, ricordate di guardare la mappa dal verso giusto!
In pratica, la Colonna di Chesed-Netzah (energie femminili, pulsionali, amorfe; amore, piacere) sarà la vostra sinistra ma la destra sul piano universale, mentre la Colonna Geburah-Hod (energie maschili, razionali, formanti; forza e severità) sarà la vostra destra, ma la sinistra sul piano universale.
La Colonna alla vostra Destra (Binah, Geburah, Hod) è quella delle energie formanti, che a livello di macrocosmo sono passive, limitanti, contenenti e dunque femminili, ma a livello di microcosmo vengono percepite come energie attive, maschili, solari in quanto la loro messa in atto necessita dell’attività intellettuale.
Nel piano psicologico implicano una certa rigidità e controllo, l’imposizione di regole restrittive e talvolta repressive, al fine di superare comportamenti istintivi ed automatismi di varia natura, adottando invece la capacità di scegliere razionalmente e deliberatamente diversi modelli comunicativi e comportamentali.
Questo approccio favorisce il cosiddetto “libero arbitrio”, permettendo all’individuo che pratica questa Via di ponderare la scelta dei propri comportamenti e dunque del proprio Essere, influenzando volontariamente anche l’ambiente che lo circonda e ottenendo una capacità, seppur limitata, di dirigere gli eventi secondo il proprio volere conscio.
Viceversa, la Colonna a sinistra (Chokmah, Chesed e Netzah), che nel macrocosmo rappresenta energie attive, espansive, maschili, viene percepita nel microcosmo come passiva, femminile e negativa, in quanto energie pulsionali, istintive, che tendono a prendere il sopravvento sull’Io.
Nell’ambito psicologico è la Colonna della benevolenza, della conservazione, della misericordia, del perdono. Questa Via implica il lasciarsi andare, valicando i limiti precostituiti, ad esempio, dalle regole e dai pregiudizi derivati dal sistema socio-culturale a cui si appartiene, neutralizzando blocchi psicologici derivanti da una educazione opprimente o da esperienze che hanno suscitato sentimenti permanenti di colpa o di vergogna.
Questa Via permette all’individuo di accedere alla propria vera natura, di integrare parti di sé non accettate, rifiutate o ghettizzate, quindi di lasciarsi corroborare della propria energia vitale e realizzarsi esprimendola liberamente.
Questi due approcci psicologici rappresentano le basi di due sistemi fondamentali: La Via della Mano Destra e la Via della Mano Sinistra, a cui i pregiudizi hanno affibbiato erroneamente un valore di santità e ascetismo al primo (destra), ed una valenza epicurea e demoniaca al secondo (sinistra).
La Via di Mezzo
Esiste, infine, la terza Colonna dell’Albero della Vita, quella centrale, detta Via Regale oppure Via del Fuoco, che rappresenta l’Equilibrio, la capacità di unificare gli opposti e di accettare il paradosso.
Senza questo pilastro, l’Albero della Vita diventerebbe l’Albero della Conoscenza del Bene e del Male, inteso come una dottrina discriminante. Mediante il terzo pilastro, invece, si ottiene un sistema integrante.
Questa Colonna conduce dritto da Malkuth, la coscienza fisica, attraverso Yesod, il subconscio, e Tifareth il Sè, a Da’at, la Conoscenza da cui è possibile la contemplazione del divino.
I Sentieri
Il cammino di risalita verso l’Unità, non deve necessariamente essere condotto attraverso una delle tre colonne dell’Albero della Vita.
Si può, anzi, ripercorrere a ritroso la Via della Creazione, che alcune scuole chiamano la Spada Fiammeggiante, oppure si può seguire il Serpente della Conoscenza, che si arrampica sull’Albero della Vita aggrappandosi ai sentieri delle lettere-numero, senza toccare nessuna Sefirah.
L’alfabeto ebraico è costituito da 22 lettere, ognuna delle quali è allo stesso tempo anche un Numero e una Parola con un senso ben definito.
La giusta interpretazione delle lettere svela il significato del mondo dei Nomi e delle Forme.
Le Lettere-Numero che formano il codice della Cabala hanno in sé delle forze, delle vibrazioni, degli elementi essenziali che presiedono la vita.
Infatti, la differenza tra questi simboli e quelli che utilizziamo normalmente anche con i teoremi, con le equazioni, etc. è che i simboli del codice della Cabala sono di per sé ciò che rappresentano.
Dunque, nominarli o scriverli secondo certe procedure, è sufficiente ad invocare ciò che sono realmente, a farli vibrare, manifestare, vivere, essere. Come se scrivere la formula chimica dell’acqua bastasse per farla comparire materialmente.
Osservando le analogie di ogni Lettera-Numero, non si sbaglia dicendo che tale Lettera-Numero “è” tale principio.
Si pensi all’origine del linguaggio, quando l’uomo ha iniziato a dare un nome alle cose. Quel nome descriveva un concetto e quel concetto poteva essere rappresentato per mezzo di un ideogramma.
Nominare un elefante significava evocare nella propria mente la sua forma, il suo carattere, i comportamenti peculiari, le capacità, e molto altro ancora. Il linguaggio era evocazione.
Parimenti, gli ideogrammi erano il simbolo di tale concetto, che sosteneva visivamente l’evocazione mentale.
Per questo l’ebraismo sostiene che l’Alefbet fu dato loro direttamente da Dio, così come compare nella Torah e non fu un evoluzione del linguaggio.
Benché anche l’ebraico si sia evoluto, discendendo probabilmente dagli ideogrammi fenici, l’ebraismo non mente con tale affermazione, in quanto l’Alefbet ha conservato il potere evocativo del linguaggio che è stato invece perduto in altre culture.
Nell’Alefbet, ogni lettera corrisponde anche ad un numero. I numeri, presi per se stessi, sono espressioni astratte, ma nella loro realtà trascendente e natura metafisica sono espressioni dì valore concreto.
Tutto il creato è un complesso contesto di armonie governato da numeri o da relazioni che riconducono a numeri o ritmi definibili da numeri. Dunque suoni, lettere, parole, etc sono convertibili a valori numerici.
Il numero puro, numero divino o idea divina, è il modello che ha carattere di permanenza. I numeri divini sono gli Archetipi che dirigono tutto, sono i prototipi delle cose nella mente di Dio. Dal numero si passa al ritmo delle energie spirituali; il ritmo è periodicità percepita. I ritmi si esprimono in successioni nel tempo, si rivelano nello spazio in sovrapposizioni di elementi.
Sono i numeri che esprimono i ritmi delle forze spirituali e, nei loro processi, le manifestano (fisica trascendentale).
Dunque, i numeri sono simboli condensatori e accumulatori di forze spirituali. Il numero può, in una formula chiave (simbolo), contrarre in sé una serie di forze ritmiche; un numero può possedere la chiave di tutto un complesso armonico.
La Cabala è anche scienza dei Numeri, dei Segni e delle Lettere: i Segni iniziano alla sapienza delle Lettere, le Lettere sacre sono Idee assolute e divine, le Idee si esprimono in Numeri e con i Numeri perfetti si giunge alla Verità.
L’illuminata Arte della Combinazione delle Lettere è matematica del Pensiero.
La contemplazione delle 22 lettere sacre, forze che l’uomo detiene in sé, scatena o sprigiona la smisurata forza contenuta nei Nomi, illuminando l’intelletto.
Forza e illuminazione creano uno stato che, se pur fosse possibile rivestirlo di parole per esprimerlo, non dovrebbe essere divulgato ma tenuto segreto.
La contemplazione delle dieci Sefirot rivela la profondità dell’intelletto stesso.
L’iniziato deve comprendere che la Via dei Nomi e la Via delle Sefirot costituiscono un’unica Via.
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