Lettera Peh | E’ la quarta lettera incisa sulle labbra. E’ la quinta delle lettere doppie. E’ la quarta lettera che ha una forma diversa quando è suffissa (sofit). E’ una delle sei lettere che può ricevere il punto daghesh:
E’ una delle 11 lettere radicali. |
Forma | Una bocca aperta con un dente in alto Kaf+Yod = 30 = Lamed |
Nome | Peh-Alef = peh (bocca) Peh-He = poh (qui) |
Valore ghematrico nome | Peh+Alef=81 Peh+He=85 |
Simbolo | Bocca; trasmissione orale; rivelazione |
Valore numerico: 80/800 | 80: È l’età che aveva Mosè quando guidò Israele fuori dall’Egitto, e quando ricevette la Torah. 800: 400+400 cioè due volte Tau |
Valore di posizione: 17 | 17 è il valore numerico della parola ebraica tov, “buono”, che ha per valore ghematrico la somma dei valori ordinali delle due lettere ayin e peh (33 = 16 + 17), alludendo così all’unione dei due livelli di da’at , contatto (degli occhi, della Torah scritta e della bocca, della Torah orale). Il potere del da’at (contatto) è la forma più esplicita del contatto e della comunicazione |
Mese | — |
Festività | — |
Zodiaco | Venere |
Tribù | — |
Organo | Luria: Orecchio sx – Donnolo: Narice sx |
Senso | Luria: Dominio – Donnolo: Fertilità-Sterilità |
Sentiero | Esoterismo:Hod-Netzah – Ebraismo: Hod-Geburah |
Tarocchi | Inglesi: La Torre – Francesi: La stella |
Forma
Ideogramma

L’ideogramma primitivo disegna una bocca a labbra chiuse. L’ebraico arcaico pone il segno in corsivo che viene stilizzato nel greco arcaico, e quindi girato. Nel Greco moderno è il Phi, che corrisponde alla P latina. È il geroglifico della sensualità, della bellezza fisica, della bocca, della voce, del volto, dell’espressione, della parola e, anche, della persuasione.
Bocca
La forma della Peh convoglia l’idea di una bocca aperta, con in mezzo un dente appeso alla mandibola superiore.
Al negativo è la bocca del malvagio, simboleggiato per il popolo ebraico dal faraone che li aveva ridotti in schiavitù.
Il termine faraone si scrive in ebraico Peh-Resh-Ayin-He. Le lettere Peh e Resh insieme indicano simbolicamente una “bocca cattiva”, e ciò si riferiva all’utilizzo della magia da parte degli Egizi, soprattutto mediante formule verbali incantatorie.
In senso lato, ciò può essere riferito all’utilizzo della parola come mezzo di manipolazione e, per estensione, può comprendere il pettegolezzo, la maldicenza, il ferire e offendere verbalmente. Ricordiamo che con le parole si crea il mondo, e che la parola è un mezzo di persuasione.
I Saggi dicono che ai malvagi occorre spezzare i denti, cioè neutralizzare l’aggressività e la malignità delle loro parole. Togliendo il dente dalla forma della Peh rimane quella della Khaf, un recipiente disposto ad accogliere nuovi e più saggi insegnamenti. Così la Peh può diventare “la bocca buona”, pronta a comunicare gli insegnamenti ricevuti piuttosto che criticare. “Le parole della bocca del saggio sono armonia” (Qoelet 10,12)
Al positivo la Peh è la capacità di esprimersi verbalmente, fatto che distingue la specie umana dalle altre specie.
I denti della bocca sono simbolo di sapienza (sono 32, come i Sentieri della Cabala), in quanto hanno la facoltà di rendere assimilabile il cibo, dunque di assimilare le proprie esperienze di vita: la bocca psichica dell’individuo viene aperta per dare o ricevere il cibo emotivo. La bocca, per mezzo dei denti, è dunque il luogo ove nutriamo il senso del sè, dove sentiamo sicurezza e autorità oppure paura e insicurezza.
I denti non sono presenti alla nascita, così la sapienza è un dono che si acquisisce con l’esperienza. Inoltre i primi denti cadono, segno che esiste una conoscenza inferiore dalla quale occorre liberarsi per acquisire una conoscenza superiore.
Il dente della Peh si trova in alto, simbolo del rivelarsi del pensiero di Dio direttamente nella bocca, cioè attraverso la facoltà della parola; in questo caso la bocca è l’organo del corpo umano preposto alla rivelazione del pensiero e dello spirito (ruach).
Al livello più alto la Peh rappresenta la “bocca di Dio”, che parlava direttamente a Mosè, “bocca a bocca”, secondo il segreto del versetto del Cantico: “che Egli mi baci coi baci della Sua bocca”. Nel bacio d’amore vero e realizzato tra amante e amata c’è l’unione di 2+2 = 4 spiriti, le due coscienze superiori e le due coscienze inferiori.
Quando ricevette la Torà, Moshè aveva 80 anni, come il valore numerico della Peh; inoltre egli non morì come gli altri uomini, la cui anima viene tolta dal corpo dall’Angelo della morte, ma come conseguenza di un “bacio di Dio”, che gli tolse l’anima.
Kaf + Yod
La forma della Peh è associabile ad una Khaf con una Yod nel mezzo. Khaf simboleggia il contenitore (Kli) e Yod il suo contenuto. Vi si può scorgere un’allusione all’Arca dell’Alleanza e alle Tavole della Torah in essa contenute (la Yod vale 10, come i Comandamenti).
Oppure vi si può vedere l’anima contenuta nel corpo. In questo caso, la Yod rimane ma sarà circondata da una Beth piuttosto cha dalla Khaf. Yod è il seme della vita, Beth è la casa (il corpo) che lo accoglie.
La Peh può rappresentare anche l’anima del Messia, che dimora nella parte più alta del Giardino dell’Eden, in un luogo-recipiente chiamato “il nido dell’uccello”, in attesa del momento propizio per rivelarsi. Secondo Rabbi Nachman, l’arma del Messia sarà l’efficacia e la potenza della sua preghiera e della sua parola.
Peh Finale
La Peh è una delle 5 lettere che possiedono una forma diversa se scritta alla fine della parola (sofit).
Peh rappresenta l’estendersi e il rivelarsi della divinità presente in ciascuno, tramite la rettificazione dell’uso della parola.
E’ il grido di vittoria di chi, come Cristo, apre la porta del sepolcro e diventa il suo Nome. Così si diventa Verbo.
Tutte le parole che hanno il Peh finale partecipano di questa vittoria, e strutturano il cammino per la nostra liberazione.
Un gioco di parole della nostra lingua strutturante, è quello di sbuffare, di gridare “Uff!” quando non ne possiamo più di qualcosa e vogliamo solo volarcene via. Ebbene, in ebraico “uf” עוף significa volare, e pronunciato “of” significa uccello. In pratica, facendosi carico dell’Ayin (occhio), si può volare, superando i propri limiti.
Ayin Sof “nulla-limite”, ovvero l’infinito, pone egli stesso dei limiti affinché la Creazione sia. Il termine “sof” significa limite, fine, ma anche giunco, che è una pianta che cresce sul limite, sul bordo, tra terra e acqua.
Nome
Bocca
Peh (Peh-He) significa “bocca”, in accordo con la sua forma.
Qui
Poh (Peh-He) significa “qui”. Qui, è una rivelazione divina. Dio può essere percepito nella sua dimensione trascendente, il Dio che sta lassù), e ciò generalmente accade meditando su alcune domande riguardanti il mondo esterno. Ma se rivolgiamo la nostra attenzione scavando all’interno di noi stessi, sempre più profondamente, troviamo ugualmente Dio, ma nel suo aspetto immanente, il Dio che è Qui.
Questo doppio approccio a Dio è legato ad un concetto cabalistico di Dio, che abbraccia e contemporaneamente riempie tutta la Creazione. Quando diciamo che Dio è al di sopra di tutte le cose, parliamo della trascendenza divina, quando diciamo che Dio è in tutte le cose parliamo dell’immanenza divina.
Rete, barriera
Pah (Peh-He) significa una sorta di limite entro il quale si è rinchiusi. Nella Cabala è il limite, la barriera entro la quale occorre fermarsi prima di poter accedere ad un livello successivo.
Questo limite è dunque benefico, in quanto permette di raccogliere le energie e le conoscenze necessarie per andare oltre, tuttavia come ogni limite deve essere spezzato. Per fare un esempio, è come il guscio dell’uovo che racchiude e protegge l’embrione fino al suo sviluppo tale da romperlo egli stesso.
La trasmissione orale della Torah
La bocca ha a che fare con la Torah orale, chiamata “Torah she ba’al peh”, espressione che tradotta letteralmente significa: “la Torah che è la maestra della bocca”. Ciò implica che la Torah si comunica con la bocca, dunque è parlata, è detta, è una tradizione orale.
Per comprendere il significato della Tradizione Orale della Torah è necessario tenere presente che il testo ebraico originale è privo di vocali, che dunque vengono aggiunte mnemonicamente da chi legge, e spesso chi legge mette vocali diverse ad ogni parola. In questo modo, ogni parola della Torah acquista un numero di significati proporzionali al numero di possibilità di vocalizzazione delle consonanti.
Perciò la Torah non è da considerarsi come un testo fisso ma, anzi, si presta per sua stessa natura a numerose interpretazioni; la Torah non è affatto riducibile all’unica spiegazione proposta dalla sua traduzione che può, in certi casi, pretendere di indicare uno specifico significato, precludendo la via ad altre interpretazioni.
In Talmud ‘Eruvìn è scritto: «La Torà ha settanta volti; queste e quelle sono le parole del Vivente».
Per questo motivo si tramanda che quando Tolomeo d’Egitto ordinò ai Settanta Anziani del Sinedrio la traduzione in greco della Torah, l’oscurità discese nel mondo per tre giorni: la traduzione dei 70, infatti, avrebbe limitato il ricchissimo insegnamento contenuto nelle parole della Torah all’interno di un messaggio vincolante.
70 è il valore numerico della lettera Ayin, che nell’Alfabeto Ebraico precede la Peh, che ha valore 80.
Ayin significa occhio, mentre Peh significa bocca. Il contatto a livello degli occhi è il segreto della Torah scritta. Il contatto a livello della bocca è il segreto della Torah Orale.
L’interpretazione del testo della Torah è dunque personale, individuale. Attraverso la Torah, Dio parla ad ognuno di noi, singolarmente. La Tradizione Orale permette di interrogare, di entrare in una relazione personale e ogni volta diversa con il testo scritto.
Un detto dei Rabbini spiega che le cose più importanti della Torah sono quelle non scritte, ovvero quelle suggerite da quelle scritte. E’ l’interpretazione individuale che diventa una lettura sapienziale, una “Lectio Divina”, che non consiste nel cambiare le parole, ma nel capire ciò che le parole suggeriscono.
La Tradizione Orale permette, in questo modo, di trasformare lo studio in una forma di meditazione dinamica e personale, che pone in comunione con lo Spirito divino. Questo rapporto stabilisce chiaramente i due poli di un’alleanza nella quale il Santo cerca l’uomo così come l’uomo cerca il Santo (La ricerca di Dio).
L’ebraismo considera l’uomo e Dio come due poli di un’alleanza, non di un’opposizione. L’alleanza mosaica, tra l’uomo e Dio, è spesso interpretata erroneamente come due parti che stipulano un contratto, ma l’alleanza non è un contratto, piuttosto una comunione. Non è un obbedire cieco, ma una condivisione di norme, una comunione di obiettivi.
La Tradizione Orale permette un’alleanza tra l’individuo e il sovra-individuale che non è eterna né contrattuale, ma consiste in una comunione totale.
Ancora, secondo la Tradizione Orale, ogni credente deve dare il suo contributo alla rivelazione di ogni significato biblico con la propria personale esperienza materiale e spirituale.
Scegliendo, a seconda del proprio stato e del proprio bagaglio spirituale, le vocali e la punteggiatura, la lettura della Bibbia Ebraica diviene dipendente dal singolo individuo e dalle sue scelte (di lettura, di interpretazione) personali. In questo caso, l’individuo dipende dalla parola divina, esattamente come la parola divina dipende dall’individuo. Dio dipende dall’uomo, e dal suo stato psicologico.
La lettura e l’interpretazione della Bibbia Ebraica dipende dallo stato di ogni persona, per cui anche il rapporto con il divino è fortemente soggettivo, ed il divino si modifica in base all’individuo, eppure le Scritture rimangono le stesse.
Si pensi alla definizione di motore immobile di aristotelica memoria: Dio è il motore immobile, colui che muove il tutto non è mosso da nulla. Forse, dopo questa spiegazione sulla Torah, è più facile comprendere il significato profondo, formato da un dualismo e dall’alleanza, contenuti in tale assioma.
L’alleanza tra la Parola divina e la Tradizione Orale (risposta umana) permette di evitare la percezione di Dio come una mera realtà statica sostanzialmente estranea all’uomo.
La lettera Peh è in analogia sia con la parola che con il Verbo, dunque con le parole che si pronunciano ed esprimono in tal modo i pensieri e i sentimenti, poiché l’essere umano è dotato di parola. Il termine “parola” deriva dal latino “parabola” che designa la facoltà di esprimersi con un linguaggio parlato e ha sostituito il termine “verbum”, la cui origine sembra essere indoeuropea e il cui significato è “voto, augurio”.
Quindi la parola intesa sia in senso proprio che figurato, secondo il principio rivelato dal Peh, risulta essere, un voto, un desiderio, una speranza dotata di una volontà, ed è questo che la bocca simboleggiata da Peh esprime. Questa espressione è quella dell’anima, il cui scopo, o funzione, o ragion d’essere, è quello di congiungere il corpo alla psiche, la materia allo spirito.
Numero 80 – 800
I numeri 8 80 e 800 sono evidentemente in relazione tra loro. 8 è il valore ghematrico della lettera Chet, lo steccato. Se la Chet ci indica un limite, Peh e Peh Sofit ci indicano la chiave e la liberazione. Il limite è dato nella bocca dai denti (lettera Shin).
80 è l’età che aveva Mosè quando guidò Israele fuori dall’Egitto, e quando ricevette la Torah. Fino ad allora Mosè era balbuziente, ma insieme al dono della Torà egli ricevette il pieno controllo della sua espressione verbale.
Secondo il libro Pirkey Avot, ottant’anni è l’età in cui si riceve una forza del tutto particolare, che è quella del pieno controllo sulla propria natura animale. A questo proposito, il Sentiero della Lettera Peh implica la rettificazione delle energie sessuali.
Infatti, 80 è il valore numerico della parola Yosod, fondamento, che è il nome della nona Sefirah, che nel corpo umano si trova nella zona degli organi genitali. Vi sono molti collegamenti esoterici tra Yesod e la bocca, e per comprenderne il senso basti pensare alle varie metafore che intercorrono tra l’atto sessuale e l’atto del cibarsi.
La stessa circoncisione, il cui scopo è quello di eliminare la “buccia” che ricopre la “corona del fondamento”, è chiamata brit milà, cioè: “il patto della parola”. Infatti anche la bocca è un organo che va circonciso, spiritualmente parlando.
La lettera precedente, la Ain, ha valore numerico di 70, la lunghezza media della vita umana. Come dice il verso di Davide: “settant’anni la vita umana, ottanta per i forti”. La differenza di 10 è il sentiero di Tau, che porta da Malkhut (70) a Yesod (80), e ha a che fare con la rettificazione dell’uso della forza sessuale, con la conservazione delle vitalità della Yod, il seme che contiene la totalità della vita.
80 è il valore ghematrico del nome completo della lettera Mem, e del 12° dei 72 nomi di Dio (He-He-Ayin).
800 è il valore ghematrico di “Sekel Mequdash” (Shin-Khaf-Lamed Mem-Qof-Vau-Daleth-Shin) che significa “Intelletto Santificato” ed è il 3° dei 32 Sentieri della Cabala.
Inoltre, hanno lo stesso valore ghematrico di 800 anche le parole:
shoresh =שרש = radice
qeshet = קשת = arco; arcobaleno. E’ anche il nome del Segno del Sagittario.
qashat = קַשָׁת = arciere
Utilizzi della Peh
È la delicatissima P di «fiore» (perakh), di «farfalla» (parpar), di «viso» (panim). Peh è il volto che riteniamo di avere, in cui ci identifichiamo. Nella Cabala ci sono 72 angeli, che sono i 72 volti di Dio. Parimenti, questi 72 sono anche i nostri volti: riconoscerli e comprendere come utilizzare le caratteristiche di ciascuno di loro è integrare ogni aspetto della nostra personalità in una monade ed esprimerli armoniosamente. A tale prosito però, va tenuto presente che ad ogni angelo corrisponde anche un demone.
Peh פה = bocca; è anche il fendente della spada
Pifyiot פיפיות= Peh+Yod+Peh+Yod+Vau+Tau = doppio taglio. E’ la lama della spada che brandisce la tradizione è che non è altro che la parola divina. Questa spada è una ma il suo taglio è doppio: uccide o vivifica.
Pah פח = rete, barriera
Poteach פתח = Peh+Tau+Cheth = aprire. Peh è la lettera che trasmette all’anima la capacità di aprirsi agli influssi superni e di saper poi spiegare agli altri gli insegnamenti ricevuti.
Mafteah מפתח = chiave; Pronunciata Mifta = apertura, rivelazione
Questa parola contiene le due lettere della mutazione Mem e Tau, e si può leggere “morte della rete” o “mutazione fuori dalla trappola”, e indica il ritorno dell’uomo alle sue norme primitive.
Pesach פסח = Pasqua. C’è un famoso insegnamento del rabbino Levi Yitzchak di Berditchev che spiega il significato della festa della Pasqua (Pesach). Pesach significa letteralmente peh – sach , la bocca (peh) parla (sach). “A Pesach, la bocca parla delle meraviglie e dei miracoli di Dio”. In questa parola, la trappola è rotta dal Samekh, l’Uomo diventa sostegno del mondo.
Pele פלא = meraviglia, miraciolo. Apertura del mistero divino.
Peter פטר = Peh+ Teth+Resh = primogenito
Pedut דוט = liberazione
Pesha פשע = passo, marcia, progressione.
L’idea del peccato è quella di un passaggio oltre, di una trasgressione, oppure di un passo falso. Il procedere dell’Uomo deve avvenire nelle strutture della creazione secondo leggi precise, che sono le leggi liberanti e creative. Quando l’Uomo le trasgredisce obbedendo ad una bocca astuta, esse si rivoltano contro di lui. Chi si innesta nella fede non è più trasgressore della legge.