La Cosmogonia trattata in questo articolo è quella di Heliopolis.
Altre versioni, quelle ermopolitane e quella menfita, verranno trattate in un altro articolo.
4-Seth. L’Avversario e la Stabilità
0. Nu/Ny/Nun – il Nulla
Secondo la concezione cosmologica egizia tutto venne originato da Nun, descritto come un Oceano Primevo.
Questo concetto è notevolmente simile a quello esistente nella cosmologia assiro-babilonese e alla cosmogonia ellenica esioidea.
Il geroglifico egizio che indica l’acqua è un linea spezzata (ΛΛΛ).
Esso costituisce il sistema più semplice e immediato per rappresentare questo elemento, tanto che la stessa soluzione ideografica è stata adottata da diversi popoli.
Spesso si ritrova questo segno anche nei disegni dei bambini quando vogliono raffigurare l’acqua.
Lo stesso simbolo, raddoppiato, indica il segno zodiacale dell’Acquario.
Ciò che è più importante, non è tanto la diffusione di questo segno e l’analisi di tutte le sue possibili varianti, quanto il fatto che presso tutte le culture del mondo l’acqua ha sempre avuto un’importanza di carattere magico.
L’acqua è sempre presente, che sia a scopo rituale o liturgico o nella sua pura accezione animistica, occupa comunque un posto eminente in tutte le religioni, passate e presenti.
Nun, in sembianze di divinità, veniva raffigurato come un uomo dalla carnagione verde-bluastra, con una testa di rana piumata.
Al Nun appartenevano anche le acque del Nilo ed il Nilo stesso era raffigurato con il corpo umano e la testa di rana, distinguibile dagli altri ranocchi grazie ad una coppia di piume sopra la testa. Questo essere identificava anche le acque sotterranee e sempre a lui erano dovute le piene del Nilo.
Nel pensiero egizio, l’idea del Nun descritto come acqua era il Caos precedente la Creazione, inteso non come un moto disordinato, ma bensì come un disordine statico, immobile. Esso equivaleva ad una sorta di protomateria, fonte di vita e sede di purificazione e di rigenerazione.
I testi egizi affermano che il Nun possedeva caratteristiche identificate con le quattro coppie di forze/energie primordiali. Ogni coppia rappresenta i gemelli primordiali di entrambi i sessi – quello maschile (Nun) e quello femminile (Nunet).
I quattro maschi delle coppie sono rappresentati come uomini con la testa di rana, mentre le quattro femmine come donne con le teste di serpente.
Gli otto esseri sono raffigurati con le gambe legate per indicare che la loro natura essenziale è l’attività ma, nel regno prima della creazione, sono inerti. Le gambe legate rappresentano, quindi, le loro potenziali energie.
Queste quattro coppie maschio e femmina, sono i Quattro Elementi fondamentali (Acqua, Aria, Terra e Fuoco), contenuti in potenza nel Nun e che, a loro volta, hanno permesso lo sviluppo della materia e l’evoluzione della vita sulla Terra.
Il Nun è eterno, così la sua esistenza non è terminata con la Creazione: esso continua ad esistere e “si estende sotto ogni luogo”. Ciò significa che il Caos del non-creato è sempre latente, benché momentaneamente sostituito dall’Ordine del Creato.
In conclusione, Nun è l’Oceano Primordiale che rappresenta l’Universo, inteso non come infinito spazio cosmico ma come Potenza Creatrice insondabile e sempiterna, da cui sorse ogni forma di vita, compresi gli Dei.
Il Nun è una protomateria, (una sorta di zuppa di neutroni), da cui si sviluppano le quattro forze (gravita, elettromagnetismo, interazione forte e interazione debole) dotate di polarità maschile-femminile (positivo-negativo).
Vale la pena anche di osservare come gli antichi sacerdoti egizi abbiano avuto una geniale intuizione sul fatto che furono i rettili i primi esseri a padroneggiare la terraferma, come ha dimostrato la moderna paleontologia.
1. Atum/Atam/Atem – il Tutto, il Completo
La prima fase della Creazione è rappresentata dagli antichi Egizi come Atam/Atum/Atem che emergeva da Nu/Ny/Nun.
Questa fase è raffigurata come l’emergere di una collina primordiale, detta Tatenen, in cima alla quale spuntava un fiore di loto (simbolo dell’Intelletto).
Alcuni egittologi ritengono che il nome Atum derivi da Tem, che significa “completo”, “portare a termine”.
Nun e Atum sono ognuno l’immagine dell’altro, come i numeri 0 e 1. Zero è il niente, il nulla, mentre Uno è l’Unità, il Tutto, il Completo.
La prima cosa sviluppatasi dalla luce dell’Unità del Completo è stata la forza della Ragione Attiva, poiché Egli ha fatto in modo che dall’Uno sorgesse il Due, per ripetizione.
Secondo gli Egizi, Uno non era un numero e quindi ancor meno poteva essere un numero dispari, come lo concepiamo oggi. Uno rappresenta l’Unità, l’Assoluto, e si tratta di energia sia maschile che femminile, ovvero neutra.
Perciò, Uno non è né pari né dispari, ma entrambi, perché se viene aggiunto a un numero dispari produce un numero pari, e viceversa. In questo modo, Uno connette pari e dispari e tutti gli altri opposti dell’Universo (maschile e femminile, positivo e negativo, ….). L’Unità è una consapevolezza perfetta, eterna, indifferenziata.
Esistono in proposito miti diversi, più o meno di antica origine, anche se, tutto sommato, strutturalmente uguali nella sostanza, poiché tutti concordano nell’idea che il Tutto fu originato da un’emersione dalle profondità di queste mitiche Acque Primigenie.
Ciò è anche ciò che avviene dopo il Diluvio Universale mesopotamico (epopea di Gilgamesh), portando attenzione sull’azione rinnovatrice e purificatrice delle acque di ogni tipo. Da esse sorgeva la vita in origine e la nuova vita.
Parimenti, il Nilo ogni anno portava l’inondazione che rinnovava la fertilità delle terre: non a caso, nel calendario egizio l’inizio dell’anno coincideva con la piena.
L’anno degli uomini veniva perciò iniziato con la rievocazione dell’inizio del tempo divino. Questa centralità mistica delle acque avrà poi un’enorme importanza anche nella ritualità e nell’insieme mitografico collegato alla liturgia funeraria.
Atum è spesso rappresentato in forma di serpente, forma che assume al termine della creazione, ma occasionalmente lo si trova rappresentato anche in forma di mangusta, leone, toro, lucertola o scimmia. Quando è raffigurato in forma umana, indossa il copricapo dei faraoni, a simboleggiare la discendenza divina, ma anche la doppia corona, simbolo dell’Unione delle Due Terre.
2. Neheb-Kau. Il Serpente
Il Fiore di Loto che scaturisce dalle terre emerse dal Nun, in molte varianti è sostituito da un serpente eretto.
Ciò allude all’atto della Vita di erigersi verso il cielo, e questa erezione è vista da alcuni esegeti come un chiaro riferimento all’organo genitale maschile nell’atto di accingersi a dare la vita.
Il nome di Neheb-kau è stato tradotto in molti modi dagli egittologi. Queste traduzioni includono: “ciò che dà Ka”, “colui che imbriglia gli spiriti”, il “ribaltatore dei doppi”, “collezionista di anime”. “fornitore di beni e alimenti” e “conferitore di dignità”.
Il Serpente ha dunque molti aspetti, ma in primo luogo, rappresenta il principio dualizzante, cioè la capacità dell’Uno di dividersi in Due.
Se esaminiamo un serpente, esso rappresenta l’Unità con la sua lunghezza indifferenziata, oltre ad essere un animale spiccatamente individualista. Poi, però, si scopre che possiede una lingua biforcuta (dualità verbale) e persino un doppio pene (dualità sessuale).
Il Serpente è l’Unità che contiene quella forza che si traduce in dualità.
Inoltre, essendo il serpente l’animale più flessibile, è anche simbolicamente interpretato come il responsabile di tutte le diverse forme della creazione.
Il nome Neheb-Kau indica più che altro il responsabile delle forme/attributi/qualità, ed era il nome dato al serpente che rappresentava il serpente a spirale primordiale nell’Antico Egitto.
Neheb-Kau è raffigurato come un serpente a due teste per indicare la natura a doppia spirale dell’universo.
Ciascun aspetto duale nel processo della creazione è rappresentato a sua volta da due attributi divini, i Neteru.
A seconda degli aspetti specifici, i Neteru duali possono essere quattro coppie, ma per un totale di sette elementi:
una femmina e un maschio
due femmine
due maschi
due metà dell’unisessuale (androgino)
Il primo Elemento che sorge è Shu, il calore, (la luce, l’Elemento Aria, l’Intelletto), che si accoppiò con sua sorella/sposa Tefnut l’umidità, (l’Ordine, l’Elemento Acqua).
La coppia Shu e Tefnut, raffigurata come marito e moglie, è il tipico modo egizio di esprimere la dualità e la polarità. Questa doppia natura si manifestava nei testi e nelle tradizioni dell’Antico Egitto sin dai primi ritrovamenti di reperti archeologici. Nei rilievi di Leontopolis, appaiono come una coppia di leoni.
Shu (calore) e Tefnut (umidità) incarnano l’atmosfera e sono i due fattori universali che più influiscono sulle forme di vita. Essi sono da intendersi come metafore corrispondenti alle qualità astratte che rappresentano.
Shu corrisponde alle qualità dell’espansività, della crescita, delle forze centrifughe, del positivo, del maschile, di ciò che emerge, dell’orientamento verso l’esterno ecc.
Tefnut, rappresentata dall’umidità e base materiale oggettiva della manifestazione (indicata dal suffisso Nut), corrisponde alla contrazione, al movimento verso il basso, alle forze centripete, al negativo, al femminile, al ricettivo, all’interiorità, all’introspezione ecc.
Insieme, Shu e Tefnut generarono un figlio e una figlia, rispettivamente Geb e Nut.
Geb, il maschio, rappresenta la terra e la fecondità, simboleggiato dall’oca selvatica, che ne descrive il nome in geroglifico. Nut, invece, è il cielo, la notte, dalla pelle blu punteggiata di stelle.
Geb e Nut si innamorarono l’uno dell’altra fin da quando si trovavano nel grembo materno. La loro unione ripete lo stesso atto genitoriale.
Nella nostra cultura riteniamo incestuoso l’atto di congiungersi con un consaguineo, ma ricordiamo che gli egizi, almeno nella famiglia reale, erano soliti sposarsi tra consanguinei.
Shu, il padre Aria, si frappose tra loro: Geb la Terra rimase sotto i piedi del padre, mentre Nut il Cielo si ritrovò sostenuta dalle braccia di Shu. Tale separazione permise l’inizio della vita.
La scena cosmologica in cui il dio Shu, al centro con le braccia alzate, è immortalato nell’atto di dividere il figlio Geb dalla figlia Nut, operando dunque la separazione tra Cielo e Terra che prelude alla conseguente apparizione di tutte le forme viventi.
Nei Testi delle Piramidi è scritto:
«Le braccia di Shu sono sotto il cielo perché lo possa reggere».
La scena appare vista volgendo le spalle al Sud, laddove le gambe (a Est) e le braccia (a Ovest) della dea le consentono di inghiottire il sole ogni sera, per poi partorirlo nuovamente ogni mattina dalla parte opposta.
È la stessa dea Nut che sostiene a sua volta Ra (il Sole, Fuoco) nel suo percorso diurno, facendolo viaggiare sulla propria schiena da Oriente a Occidente.
Nut è il cielo, la notte, dalla pelle blu punteggiata di stelle, soprannominata “la Vacca Celeste”, in riferimento alla sua fecondità in veste di dea-madre. In origine il cielo veniva rappresentato come una mucca, con il ventre punteggiato di stelle. In questa forma, Nut si identifica e sovrappone alla dea-vacca Hathor, che tiene il Sole Ra fra le corna.
Talvolta Ra è considerato come Dio Padre (Atum-Ra). dunque Hathor è considerata sua figlia. Ad ogni modo Nut e Hathor sono la volta celeste.
Di Nut è scritto che all’alba divora le stelle per poi partorirle nuovamente la notte seguente: per questo viene considerata una dea della nascita e della resurrezione.
E’ importante notale che anche nella cosmologia ellenica si dovette fare spazio per le creature viventi separando Urano da Gea, il cielo e la terra, dando così la possibilità alla stirpe divina di vedere la luce. E’ interessante notare l’inversione dei ruoli: solitamente la terra possiede una connotazione femminile, mentre per gli egizi il cielo è la dea Nut e la terra suo marito Geb.
La discendenza divina procede dalla coppia dei fratelli-amanti Geb e Nut, nell’ordine e in sequenza serrata: Osiris, Isis, Seth e Nephtys.
Con essi abbiamo il primo gruppo di dèi, la cosiddetta Enneade eliopolitana o Compagnia dei Nove Dèi: Atum, Shu, Tefnut, Geb, Nut, Iside, Osiride, Seth e Nefti.
La dualità come principio femminile: Iside
Iside è l’energia emanata dal Completo e Lei sola può concepire e creare l’Universo. Essa concepì il piano divino sul piano intellettuale e gli diede vita.
Iside è la divinità che incarna il principio femminile. Essa è al contempo il moltiplicarsi e la molteplicità, è il primo pensatore e il pensiero.
Il Nome Iside è la translitterazione di Aset, che significa sede.
Nefti, la sorella gemella di Iside
Le due divinità sorelle Iside e Nefti sono gemelle in quanto immagini speculari l’una dell’altra. Esse appaiono insieme in molti luoghi nelle documentazioni egizie, in bassorilievi e fregi ornamentali.
Esse rappresentano la duplice natura del principio femminile: Iside rappresenta il grembo attivo che si espande, (universo), mentre Nefti rappresenta il perimetro dell’espansione, i limiti esterni. Entrambe garantiscono una ordinata espansione e contrazione.
Iside è la parte visibile del mondo, simboleggia la nascita, la crescita, lo sviluppo e il vigore.
Nefti è la parte invisibile, oscura, rappresenta la morte, il decadimento e l’immobilità.
Iside e Nefti sono inseparabilmente connesse tra loro e agivano insieme in tutte le questioni importanti relative al benessere dei defunti.
Iside-Ra
Quando si parla di Ra, i testi dell’Antico Egitto affermano: «Tu sei i corpi di Iside».
Iside è anche l’impulso creativo, nominato Ra. Anzi: Ra, l’energia creativa, appare nei diversi aspetti del principio cosmico femminile Iside.
A livello intellettuale, il principio femminile è al tempo stesso passivo e attivo, poiché Iside concepisce il progetto della Creazione in modalità passiva, poi gli concede la vita, riflettendo la sua attività come estensione della passività.
L’intelletto è quello che è, sempre lo stesso, situato in un’attività statica, dunque l’intelletto è un attributo femminile.
Iside, è conosciuta come:
- Il Ra femminile.
- La Signora dell’inizio dei tempi.
- Il prototipo di tutti gli esseri.
- Il più grande dei Neteru (le forze divine).
- La regina di tutti i Neteru.
A questi Nomi si aggiungono gli attributi:
- Dispensatrice di vita
- Signora della vita
- Donatrice di vita
- Dimorante in Neteru
Ra e Thoth
I testi egizi sulla creazione sottolineano più volte la convinzione che la creazione derivi dalla Parola.
Quando non esisteva nulla, tranne l’Unico, esso creò l’universo con la sua voce imponente.
Il Libro del Ritorno nel Giorno (erroneamente e comunemente tradotto come Libro dei Morti), afferma:
«Io sono l’Eterno… Colui che ha creato la Parola… Io sono la Parola».
Nell’Antico Egitto, le parole di Ra, rivelate attraverso Thoth, divennero le cose e le creature di questo mondo. In altri termini, le parole (ovvero le onde sonore) crearono le forme dell’universo.
Le energie della parola (suono) di Thoth trasformarono il concetto/impulso creativo di Ra (simboleggiato da un cerchio) in una realtà fisica e metafisica.
Tale trasformazione, come si evince dai papiri “matematici”, si riflette nel procedimento utilizzato nell’Antico Egitto della “quadratura del cerchio”.
In tutti questi papiri, l’area di un cerchio era ottenuta trovando l’area del quadrato equivalente. Il diametro del cerchio era sempre di nove cubiti ed era equiparato ad un quadrato il cui lato era di otto cubiti.
Il numero nove, come il diametro, rappresenta la Grande Enneade – il gruppo di nove Neteru (dei, dee). Nove sono anche tutti gli aspetti di Ra, la forza cosmica primordiale e creativa, il cui simbolo è/era il cerchio.
Il numero otto rappresenta la creazione manifestata, come affermato dal Maestro dell’Otto, il dio Thoth.
Maat, manifestazione di Iside
Maat è una delle manifestazioni del principio femminile Iside ed è talvolta raffigurata in duplice forma: Maati.
Nelle scene che raffigurano il giorno del giudizio, l’anima del defunto viene portata nella Sala del Giudizio delle due Maat, che sono due perché la bilancia rimane in equilibrio solo quando vi è un’uguaglianza di forze opposte.
Il simbolo di Maat è la piuma, che rappresenta la sentenza o la verità, che di solito troviamo sulla bilancia. Il cuore, come metafora della coscienza, viene pesato confrontandolo con la piuma della Verità, per determinare il destino del defunto.
Gli antichi Egizi evidenziavano la natura ordinata e armonica del processo della creazione attraverso Maat, che rappresentava l’ordine divino e l’armonia. Essi percepivano l’universo in termini di dualismo tra Maat – Verità e Ordine – e il disordine del Tutto indifferenziato.
Osiride, l’Ombra di Iside
Ogni fase della creazione tende a generare un’immagine di se stessa e, al contempo, tende anche a ricongiungersi con quella immediatamente superiore, di cui costituisce un’ombra o una manifestazione inferiore.
Iside è quindi un’immagine, un’ombra del primo principio Atum, mentre la sua ombra è Osiride.
3. Osiride
I testi egizi mostrano che l’Unità, acquisendo consapevolezza di sé stessa, crea energia polarizzata: due nuovi elementi, ognuno dei quali condivide la natura dell’Uno e dell’Altro – essendo delle reciproche immagini speculari.
Dunque, ci vogliono tre elementi per creare e portare qualcosa in vita.
Gli antichi riconobbero l’importanza della trinità nel processo della Creazione.
I testi dell’Antico Egitto rappresentano la trinità come un’unità, espressa dal pronome singolare.
In questo modo abbiamo il Tre che è Due che è Uno.
I principi della creazione sono l’unità, la dualità e la trinità, cosa spiegata chiaramente nel papiro Bremner-Rhind (riferendosi alla triade di Atum e alla coppia Shu e Tefnut):
«Dopo che io divenni, da un Neter (dio) solo, un Neteru (dei, dee) trino, cioè da dentro me stesso…».
Le varie trinità sono connesse alla diversa natura della dualità entro ogni trinità. La Trinità manifesta era quella costituita da Atum-Iside-Osiride.
Osiride è il terzo processo della Creazione – principio maschile, movimentato dinamico, energico, anima universale (del tutto).
Abbiamo visto che, a livello intellettuale, il principio femminile è al tempo stesso passivo e attivo, poiché Iside concepisce il progetto in modalità passiva, poi gli concede la vita, riflettendo la sua attività come estensione della passività. Il passaggio passivo-attivo è la reazione a catena della Creazione.
Possiamo quindi affermare che, nell’Anima, l’Intelletto (Iside) è una facoltà passiva-femminile, mentre Osiride (Anima) è una facoltà attiva-maschile.
Il tempo viene presentato come la 2vita dell’Anima”, diversamente dall’eternità, che è il “modo di esistere dell’Intelletto”.
La relazione tra Anima e Intelletto è simile a quella tra la luce della Luna e la luce del Sole.
La Luna diventa piena grazie alla luce del Sole: la sua luce diventa un’imitazione di quella solare. Nello stesso modo, quando l’Anima riceve l’effusione dall’Intelletto, le sue virtù diventano perfette e le sue azioni imitano quelle dell’Intelletto. Quando le sue virtù diventano perfette, allora Essa conosce la sua essenza o il suo Sé e la consistenza della sua sostanza.
Le forze congiunte della Mente divina e dell’Anima divina rendono possibile la Creazione del Mondo Naturale.
Iside, in quanto principio intellettuale divino, possiede due atti: quello della contemplazione verso l’alto dell’Uno, e quello della generazione verso il basso, rivolto all’Anima universale.
Allo stesso modo, l’Anima del Tutto possiede due atti: contempla il principio intellettuale e genera (nella bontà della propria perfezione) l’Anima generativa che guarda alla Natura, il cui ruolo è concepire o modellare l’Universo materiale inferiore, sul modello dei pensieri divini, cioè delle “idee” previste all’interno della Mente divina.
L’Anima del Tutto è la Prima Causa Mobile del movimento e della forma dell’universo materiale o percepibile attraverso i sensi. Dunque, l’universo materiale è un Atto, un’emanazione dell’Anima, la sua immagine e la sua ombra.
L’esempio più evidente è stato spiegato da Plutarco nel V Volume dei Moralia e riguarda il triangolo 3:4:5:
«Si potrebbe congetturare che gli Egizi abbiano nel più alto onore il più bello dei triangoli, poiché essi gli fanno assomigliare la natura dell’Universo».
Per gli antichi Egizi, Tre, Triadi, Trinità e Triangoli sono praticamente la stessa cosa. Non esisteva differenza funzionale tra triangoli geometrici, triadi musicali o una qualsiasi delle molte Trinità dell’Antico Egitto.
4. Seth. L’Avversario e la Stabilità
Il Tradimento di Seth
Iside e Osiride sono la dualità dinamica che regola l’azione. Dunque, l’Atto della Creazione consiste proprio nel mettere ordine contrastando e contrapponendo le forze di compressione ed espansione.
Le forze di opposizione sono quindi una necessità della Creazione e del suo mantenimento.
Il Neter (energia, potenza, forza) Seth rappresenta il ruolo universale dell’opposizione: l’Avversario.
Plutarco nel V Volume dei Moralia (364, 33B), che sostiene:
«Gli Egiziani chiamano semplicemente Osiride il principio e la potenza, nella loro totalità, capaci di creare l’elemento umido, causa del generare e sostanza di seme vitale; e chiamano Seth tutto ciò che è secco, igneo, asciutto e, in una parola, antagonistico dell’umidità. Gli Egiziani considerano il Nilo una effusione di Osiride, e così ritengono e credono che la terra sia corpo di Iside; non tutta la terra, bensì quella che il Nilo copre, fecondandola e mescolandosi con essa. Da questa unione fanno nascere Horos. La stagione (Hora), che tutto conserva e nutre e consiste in una temperanza di atmosfera, si identifica con Horos. L’insidia che tende Seth e la tirannide che esercita, consistono in questa potenza di disseccamento, che domina e dissipa l’umidità da cui sorge e cresce il Nilo».
Il tradimento di Seth avvenne il 17 del mese di Athir (27 novembre), quando il Sole percorre il segno zodiacale dello Scorpione. Questo evento possiede tutti gli elementi della biblica ultima cena di Gesù: una cospirazione, la festa, gli amici e il tradimento.
La stabilità del Creato
Il pilastro Djed (Zed), il cui si traduce come “stabilità”, “presenza”, ed è la rappresentazione della colonna vertebrale di Osiride, divinità del Duat, l’Oltretomba.
Per gli Egizi, la spina dorsale era sede del fluido vitale, e simboleggiava la stabilità, intesa anche come la vita eterna. Negli affreschi tombali, che narrano in generale le vicende della vita del defunto, questi è sempre raffigurato in piedi, mai disteso o dormiente. Ciò è in ottemperanza ad un concetto secondo cui la posizione supina o distesa indicare sempre il corpo morto e mummificato.
Analogamente anche l’anima del defunto è sempre in piedi, generalmente nell’atto di presentarsi davanti a qualche divinità, poiché anch’essa, rappresentando l’unica parte rimasta vitale del morto, è anche l’entità che gli permetterà di poter rinascere a nuova vita, dunque non può essere dipinta (ovvero materialmente “concepita”) in una posizione di riposo.
Quindi, nella mentalità egizia solo ciò che sta in piedi è vivo, e secondo questa interpretazione anche gli obelischi e le piramidi stesse sarebbero dei monumenti inneggianti alla vita.
Il pilastro Djed è dunque simbolo del supporto della Creazione e lo vediamo sempre raffigurato con quattro tacche, come i Quattro Elementi e le quattro divinità Iside Osiride Seth e Nefti.
Una proprietà particolare del quattro è quella di essere il primo quadrato perfetto, essendo il prodotto di due moltiplicato per se stesso. Qualsiasi numero moltiplicato per se stesso è una radice (quadrata) e il prodotto di questa moltiplicazione è un quadrato perfetto.
E’ da notare che gli antichi Egizi avevano quattro principali sedi didattiche di cosmologia: Eliopoli, Menfi, Tebe e Khmun (Ermopoli). Ogni sede si dedicava a una delle principali fasi o aspetti della genesi.
Oggi l’Egitto ha quattro metodi di insegnamento sufi, creati nell’XI secolo per mantenere le tradizioni dell’Antico Egitto sotto il dominio islamico.