anima

L’Anima Egizia – Nove Vite come i Gatti

0. Introduzione

1. La forza vitale — Sekhem
2. Il nome — Ren
3. L’anima spirituale — Khu
4. L’ombra — Khaibit
5. La personalità dell’anima — Ba
6. Il Doppio — Ka
7. Il cuore — Ab
8. Un corpo spirituale — Sahu
9. Un corpo fisico — Khat

10. Colui che non è Uno

divisore

0. Introduzione

Gli antichi Egizi vedevano l’universo costituito da nove sfere: sette cieli, cioè regni metafisici,  e due terre, considerate regni fisici, generalmente noti come le Due Terre.

Le energie dei Nove Regni formano una gerarchia ordinata e interattiva. La nostra esistenza terrena è legato all’Ottavo Regno, nonché la Prima Terra. Il Nono Regno è il luogo in cui si trova il nostro opposto complementare. I gemelli siamesi che vivono nei regni Otto e Nove sono in perfetta armonia.

Dal numero 9 inizia la vita. Del resto, occorrono nove mesi di gestazione prima che nasca un bambino. Così 9 è anche il numero dell’iniziazione. In termini musicali, il rapporto/relazione 8:9 rappresenta la tonalità perfetta. Il numero 9 ha una cartteristica peculiare: se moltiplicato per qualsiasi altro numero, si riproduce sempre: 3 x 9 = 27;  2 + 7 = 9; 6 x 9 = 54; 5 + 4 = 9 e così via.

Testi delle Piramidi rivelavano l’esistenza di tre gruppi di Neteru (dei, dee), ognuno formato da nove Neteru (dei, dee), ciascuna delle quali rappresenta una fase del ciclo della Creazione. L’Enneade viene indicata con il termine “b.st”, pronunciato “bast” che significa gatto. Ecco perché, nella Litania di Ra, Ra è descritto come “Quello del Gatto” e “Il grande Gatto”.

Questa relazione si è fatta strada nella cultura occidentale, dove si dice che il gatto ha nove vite.

Per quanto riguarda l’Essere Umano, gli antichi egizi lo immaginavano formato dagli stessi elementi che formavano gli dei, dunque anch’esso composto di 9 parti. In pratica, noi esistiamo contemporaneamente su una serie di nove livelli, dal più fisico al più metafisico. Anzi, in un certo senso non c’è differenza tra fisico e spirituale, esistono piuttosto solo delle gradazioni che si delineano tra le due estremità dello spettro.

Quanto esposto di seguito, spiega le nove componenti in ordine decrescente, a partire dalla loro origine divina.

Viceversa, partendo dal livello più basso, quello del corpo e della terra, e procedendo verso l’alto, si attraversa un processo di spoliazione da queste guaine. Ne consegue l’innalzamento attraverso i vari regni fino al punto più alto che l’anima riesca a raggiungere, prima di scendere nuovamente nella rinascita.

Infine, si confrontino queste Nove istanze con le fasi della Cosmogonia egizia, affrontate negli articoli precedenti: da Zero a Quattro e da Cinque a Otto, al fine di avere una chiara rappresentazione del paragone tra Macrocosmo e Microcosmo.

 

 

1. La forza vitale — Sekhem   

sxm

Ra viene chiamato “Il Grande Sekhem” e tutti i Neteru sono Sekhem.

Sekhem è menzionato assieme a Ba e Khu.  In particolare, Sekhem è connesso e associato Khu, l’anima spirituale.

Il Sekhem è la forza di coesione che tiene insieme tutte le parti autonome. Potremmo definirlo un agente di collegamento che assicura la comunicazione tra le varie parti.

A tal propisito, la doppia corona che simboleggiava l’unione delle Due Terre era detta dagli egizi Sekhemety.

Sekhem è la forma maschile di Sekhmet, la dea leonessa, ed entrambi i termini derivano dalla radice S-KEM che significa bruciare. Ciò indica anche come questa energia sia pericolosa e difficile da controllare. Perciò Sekhem era anche la scettro cerimoniale e, in certi casi, indicava anche la mazza del faraone, con la quale teneva a bada i nemici.

 

2. Il nome — Ren

r

n


RN è il nome o la firma di un Essere: R è la bocca che produce il suono, la vibrazione che increspa le acque del Nun.

Il nome genera potere: conoscere il nome di una divinità o di essere conferisce potere sullo stesso, in quanto si è in grado di entrare in contatto con la sua realtà più intima. Conoscere il nome di un Essere significa dominarlo. Da qui nasce l’idea del Nome Segreto, di dissimulare per preservare.

«Io conosco i vostri nomi, le vostre caverne, i vostri segreti».

Nel Libro dei Morti, quando Horus si trova innanzi alla prima porta, quella del dio dal cuore immobile, dice:

Ho percorso il cammino. Io ti conosco. Conosco il tuo nome. Conosco il nome del dio che ti sorveglia.

I Nomi erano lo strumento del Mago ma anche del defunto che doveva varcare le soglie del Duat e che, interrogato da vigili geni che gli sbarravano la strada, poteva dare una sola risposta, scritta nel Libro delle Caverne, che permetteva di superare questi ostacoli.

Per un individuo il nome rappresentava la sua essenza, ciò che lo distingue dagli altri, ed era il stretta relazione con il suo Ka. 

Sulla porta delle tombe era scritto «Pronunciate il Nome, vivi» poiché si riteneva che pronunciare il nome equivalesse a far rivivere il defunto. Al contrario, cancellare un nome inciso equivaleva a distruggere colui che reagiva a tale vibrazione. In effetti è grazie al suo nome che un individuo può continuare a vivere nella memoria dei vivi. Senza un nome, l’uomo non è nulla, poiché solo grazie al nome egli può differenziarsi come individuo. 

Nei riti iniziatici, ricordarsi il proprio nome significa ricordare l’esatta natura della propria anima, che è fuoco. Tuttavia, i maghi o altri liturgisti malintenzionati, potevano anche modificare il nome di una persona o utilizzarlo con finalità nefaste. Per questa ragione, il nome era anche un fattore di vulnerabilità da tenere segreto.

Proprio per non essere abusati, gli dèi utilizzavano lo stratagemma di moltiplicare i propri nomi. Così, Amon è il dio dai numerosi nomi, il cui numero è sconosciuto. Ciò esprime anche l’immensità del potere divino, l’estrema varietà delle manifestazioni e, dunque, l’impossibilità umana di denominare tutte le sfaccettature della sfera d’azione del dio.

Nel Tempio di Komir è scritto: «Io faccio crescere per te i tuoi nomi nascosti, io moltiplico le tue manifestazioni».

Eppure, Ra, torturato dal veleno del serpente di Iside, manifesta la sua lista di nomi e si lancia febbrilmente nella descrizione delle sue opere: «Io sono Kheper al mattino, Ra a mezzogiorno e Atum la sera».

 

3. L’anima spirituale — Khu

G25

Khu o Akh è un elemento spirituale superiore, brillante e luminoso e spesso è raffigurato come un ibis anche se sembra che l’unico rapporto con la nozione di Akh sia un valore fonetico. Infatti, lo stesso geroglifico, ritrovato nelle tombe a pozzo fin dalla I dinastia, costituisce la radice del verbo “brillare” ed “essere utile”.

Akh è dunque l’elemento luminoso che alla morte vola via salendo nel cielo brillando come una stella. Opposto al corpo, che appartiene alla terra, l’Akh appartiene al cielo, soprattutto al nord, dove sono le imperiture stelle circumpolari, come è scritto nei Testi delle Piramidi:

“Voi sorgete dall’Orizzonte (Akhet) dove siete puri Spiriti (Akhu)”.

Il concetto di Akh si estende a tutti i defunti, non solo al faraone. Tutti possono diventare Akhu.

Khu sono gli esseri celesti che vivono con i Neteru (dei, dee).

Il Khu è menzionato con il Ba e il Khaibit (anima e ombra), e con il Ba e il Ka (anima e doppio), ma è chiaro che si tratta di qualcosa di molto diverso dal Ka, dal Ba e dal Khaibit, anche se, sotto certi aspetti, possiede delle caratteristiche simili a queste parti immateriali dell’uomo.

 

4. L’ombra — Khaibit

   xAiibS36H6

Talvolta è chiamato anche Shuyt o Sheut. Il Khaibit è l’Ombra, di cui il Libro dei Morti dice:

«E’ la prima forma dell’anima ad uscire dal corpo, immagine tenebrosa, alta e nera, prima di diventare luminosa».

In pratica, questo quarto costituente, è contenuto nell’individuo in forma latente e diventa attiva solo dopo la morte. Per questo motivo, alcuni studiosi concepiscono l’ombra come un qualcosa facente parte dell’integrità fisica.

Per certi versi, il Khaibit corrisponde all’idea del fantasma. Ad ogni modo, gli egizi consideravano l’invisibile una realtà, non certo una credenza o una superstizione.

Essa è il corpo eterico, normalmente invisibile ma in talune circostanze può diventare visibile. Ad esempio può essere proiettato fuori dal corpo vivente, come in un processo di proiezione.

Odiernamente, gli egiziani credono che ogni persona abbia un’ombra, un’entità che lo segue durante la vita, muore e lo accompagna nella tomba.

È interessante notare che la parola egiziana “Khai” significa compagno/fratello. Tuttavia, è importante non confondere l’Ombra con il Doppio: l’Ombra è l’anima istintiva, emozionale, da cui l’Uccello Ba spiccherà il volo, dopo la morte.

 

 

5. La personalità dell’anima — Ba

G53Il più delle volte il geroglifico che designa il Ba è un uccello con la testa umana. Il segno che lo precede sarebbe la reminiscenza di un’antica teoria religiosa secondo la quale le stelle in cielo erano semplicemente innumerevoli Ba illuminati dalle loro lampade accese.

Altre volte il Ba è indicato anche con il geroglifico dell’Ariete, che indica lo spirito divino, oppure dal geroglifico con tre cicogne, che indica un insieme di manifestazioni divine.  

Il Ba rappresenta tutte le forze vitali dell’uomo, comprendendo le energie fisiche, animiche e psichiche ma, sostanzialmente, è l’elemento di mobilità che permette il passaggio da un mondo all’altro o, più precisamente, permette la transizione dall’universo metafisico al mondo fisico.

L’energia del Ba, discende nel mondo fisico e si fissa in un individuo diventando il suo Ka, energia vitale assimilabile attraverso il nutrimento e che permette la sussistenza vitale del corpo.

Dunque, il Ba è la manifestazione del divino nel mondo materiale. Ad esempio, il vento è il Ba di Shu, la pioggia è il Ba di Heh (lo spazio liquido), mentre l’Acqua è il Ba di Nun e la notte è il Ba di Kek, l’oscurità.

L’uccello Bennu rappresenta la totalità del concetto di Ba nell’universo. Nel ciclo della creazione che riflette il ruolo della coppia Ra e Osiride/Ausar, l’uccello Bennu è indicato sia come Ba di Ra che Ba di Osiride/Ausar, comunque il Ba onnicomprensivo.

Quando il Ba spicca il volo dal Khaibit, il corpo della persona muore definitivamente e la coscienza dell’individuo raggiunge il suo Ka. La coscienza non potrà mai dimorare nel Ba, perché esso non è una condizione statica ma dinamica. Dopo la morte, il Ba è il passaggio da ciò che è fisico a ciò che è metafisico.  Così il Ka resta nel Duat, mentre il Ba vola in Cielo.

Grazie al Ba, l’individuo dopo la morte può assumere forme diverse, in seguito a varie trasformazioni dette Kheperu, ed eventualmente rivestire una nuova personalità concreta dotata di memoria.

Il sostantivo “bau”, che è il plurale di Ba, indica la collera. Ciò esprime un’energia mobile aggressiva, brutale, ma propria di un’individualità determinata. I bau sono segnali di predisposizione all’attacco. Essi agiscono attraverso lo spazio, compiendo una sorta di trasferimento di energia.

A tal proposito ricordiamo che le emozioni sono “contagiose”, trasferendosi da un individuo ad altri presenti e che uno sguardo irato  e un’espressione aggressiva provocano, oggi come allora, una forte emozione in chi li coglie.

Ecco dunque che abbiamo di nuovo il concetto di Ba legato all’idea del movimento e del trasferimento, ma non abbiamo ancora finito.

Altri bau riguardano le cose scritte. L’efficacia delle parole scritte supera la distanza e il tempo. Se pronunciate, leggendole, esse provocano emozioni e reazione  in chi le ascolta, senza che vi sia alcun contatto fisico. Le formule magiche possono addirittura superare il confine tra i due mondi. 

E’ facile notare che Ba è il contrario di Ab, il cuore. Sul cuore delle mummie, veniva lasciato, al suo posto, uno scarabeo verde, simbolo di rinascita e di attivazione di un nuovo ciclo.

I sacerdoti egizi indossavano un pettorale che aveva al centro un cuore d’oro e d’argento: l’oro evocava la coscienza universale di Ra (Sole), mentre l’argento la coscienza dispensata dal Thoth (Luna). Indossare questo gioiello era segno di un’elevata iniziazione, poiché “esplorare il proprio cuore è conoscere l’Universo”.

Insieme, Ab e Ba, rappresentano il perpetuo scambio di correnti antagoniste, una duplice corrente evolutiva e involutiva che si specchiano reciprocamente, come l’uomo e il divino: Tu sei me, Io sono te.

 

6. Il Doppio — Ka

kA

Ka è la forza che fissa e rende individuale il Ba, cioè lo spirito animatore. Per questo, nel Tempio di Luxor, troviamo il geroglifico che rappresenta le due braccia alzate, esprimente il Ka, nelle scene di nascita regale.

La braccia alzate ricordano un gesto di preghiera, ma sono in realtà una captazione, un ricevere le energie divine, stellari, cosmiche. Il gesto in sé simboleggia dunque l’unione tra l’uomo e il divino.

E’ curioso osservare che questo è lo stesso gesto che fanno i bambini quando vogliono essere presi in braccio dal genitore.

In origine esisteva un solo Ka, principio vitale di tutti i mondi e di tutti gli esseri. In seguito, la Creazione non ha moltiplicato i Kau (plurale di Ka) ma ha differenziato il Ka originario in milioni di particelle. Così, Ra ha milioni di Kau, ossia tutti gli elementi suscettibili di contenere la vita.

La nozione del Ka si basa su una semplice osservazione: il mantenimento della vita degli esseri è legato alla necessità di nutrirsi. Quindi, nel cibo così come in ogni essere vivente, è contenuta un’energia che conserva la vita e permette la crescita e il benessere.  

Nel Libro dei Morti è scritto:

«Tu sei il mio Ka, che è nel mio corpo, colui che da la forma (Knhum) che rende sane le mie membra».

Dunque possiamo affermare che riveste un triplice ruolo.

In primis è la fonte della creazione della vita, così Atum e il Ka dei Kau. Questa energia creatrice si incarna nell’immagine del Toro, il cui nome geroglifico è proprio Ka.

In seguito, Ka diventa la forza motrice che alimenta il fuoco vitale. Infatti “kau” si traduce anche in cibi, ovvero nelle offerte di cibi che si depongono innanzi agli dei o ai defunti.

Infine, il Ka è una forza protettrice.

Nell’individuo, il Ka è ciò che nell’esoterismo viene indicato come corpo astrale. Esso è il gemello, il doppio. Morire è passare al proprio Ka. 

In psicologia, il Ka è il senso dell’Io, che abita nel corpo ma non è il corpo. Infatti, l’Io può essere presente anche quando si perde completamente la sensazione del corpo, come nella paralisi totale o in certi tipi di anestesia.

Questo Io, non muore con la morte del corpo, ma si può scomporre nelle sue tre sottocomponenti: istintuale, emozionale e mentale.

Alla base del concetto di Ka risiede la convinzione che la vita consapevole e attiva non sia una funzione del corpo, bensì che fluisca da una forza superiore che lo mette in moto e che, quindi, costituisce il reale veicolo della vita.

La forza vitale è il Ka. Non c’è vita consapevole senza di esso. Esiste solo grazie ai suoi effetti.

Secondo gli antichi egizi, quando un bambino nasceva, veniva in esistenza anche un’individualità astratta, un essere spirituale, del tutto indipendente e distinto dal corpo fisico, ma che aveva dimora in esso, e di cui avrebbe diretto le azioni, che avrebbe guidato e vegliato, fino alla morte. 

Nessun bambino sano sarebbe mai nato senza questo essere spirituale e, quando gli antichi egizi lo rappresentavano, lo facevano sempre assomigliare al corpo a cui apparteneva. In altre parole, lo consideravano come un doppio.

Ka è l’immagine del Ba, per questo è detto “il Doppio”.

 Il Ka è stato equiparato al Genius latino, al Daimon greco o ancora all’Angelo Custode dei cristiani, ma questa teoria è stata ampiamente screditata.

In effetti, gli antichi egizi chiamavano “kau” le quattro felicità dell’esistenza umana, che identificavano con la ricchezza, la prosperità, la longevità e una morte serena. Viceversa, il Ka di un individuo può soffrire per i sui eccessi. Inoltre, si riteneva che dando offerte di cibo al Ka di un defunto se ne garantisse la sopravvivenza dopo la morte.

Dulcis in fundo, alcuni studiosi hanno ipotizzato che probabilmente gli antichi egizi ritenessero il Ka trasmissibile da padre in figlio, come avesse a che fare con il patrimonio genetico.

A tal proposito, esisteva anche il culto del Ka dei faraoni, che rappresentava l’aspetto divino del sovrano e che si trasmetteva, plasmato da Khnum al momento del concepimento, da un sovrano all’altro, con la memoria ancestrale delle divinità che lo avevano preceduto. Il Ka si fondeva con il sovrano al momento dell’incoronazione, quando l’uomo-re diventava la regale divinità  vivente.

Dunque il Ka è altresì assimilabile al “Soffio nelle Ossa” chiamato Habal de Garmin dai Cabalisti, esposto in questo articolo.

Numerosi sono i nomi egizi composti da Ka, spesso in riferimento al dio Ra, ad esempio Neferkara (Bellissimo è il Ka di Ra), Userkara (Potente è il Ka di Ra), Maatkara (Giusto è il Ka di Ra).

A livello intellettuale, Maat è il Ka di Ra e ne stabilisce il destino. Tuttavia, le divinità possedevano molteplici Ka, uno per ciascuna delle loro peculiarità, legate principalmente al potere di creare. Così essi disponevano di quantità illimitata di Kau.

I lati delle piramidi sono allineati con i punti cardinali perché così si pensava che il Ka del defunto potesse andare dovunque.
 

Il Ka veniva rappresentato sempre dopo il sovrano mentre nella statuaria, famosa la statua di Auibra-Hor, lo si raffigura in quelli destinati ai riti dell’ipostasi divina.

Tra i riti molto importanti vi erano quelli della Festa di Opet dove il sovrano rinnovava simbolicamente il suo concepimento e l’incoronazione, rigenerando quindi il suo Ka e quelli della Heb-Sed

 

7. Il cuore — Ab

ib

Taluni preferiscono la pronuncia “ib”. Ricordiamo che la lingua egiziana antica è priva di vocali.

Con il vocabolo ˁb si indica il cuore nel significato morale ed anche come coraggio, bravura, amore, desiderio, pensiero, saggezza e soddisfazione.

Attraverso l’immagine del cuore gli antichi egizi esprimono una vasta gamma di sentimenti, come ad esempio la “larghezza del cuore” cioè l gioia, lo “spessore del cuore” ovvero il coraggio, la “ristrettezza del cuore” paragonabile all’angoscia.

Le “parole del cuore” sono i pensieri, così un uomo senza cuore era per gli antichi egizi innanzi tutto uno stupido. Addirittura la perdita di coscienza, come lo svenimento, era indicato come un allontanamento del cuore.

Il maestro consigliava al discepolo di non “gettarsi tra le braccia del suo cuore”, cioè di non trovare più piacere nelle taverne piuttosto che in aula. 

Ve ne sono molti altri ancora, ma in particolare mi limito a menzionare ancora “colui che inghiotte il suo cuore” che indica una persone che dissimula i propri reali sentimenti. 

Il cuore è la sede del potere, della conoscenza, e consapevolezza di ciò che è giusto e di ciò che è sbagliato. Come sede della coscienza si intende anche la sede della memoria, perciò davanti al tribunale divino, il defunto “implora il suo cuore”: «Non levarti contro di me in testimonianza».

Horus è chiamato “colui che abita nei cuori”, “signore dei cuori”, oppure “l’uccisore del cuore”.

 

 

8. Il corpo spirituale — Sahu


G25Come il corpo fisico costituiva una dimora del Ka , così si credeva che il corpo spirituale avesse una dimora apposita per l’anima, visto che si sostiene esplicitamente che “le anime entrano nel loro Sahu”.Sahu è rappresentato dalla mummia che giace nel sarcofago: ciò indica un corpo spirituale durevole, incorruttibile. Grazie ad appropriate osservanze funerarie, lo spirito detto Akh, poteva lasciare il corpo fisico e proseguire la vita nell’aldilà entrando nel suo Sahu.

Da qui la notevole importanza delle cerimonie funebri e delle offerte, che portavano alla separazione di un corpo spirituale da quello fisico, e a fare in modo che il Ka continuasse a vivere dopo la morte del corpo a cui apparteneva.

Attraverso la forza delle preghiere e dei rituali, il corpo poteva tramutarsi in Sahu, come le due sorelle [Iside e Nefti] risvegliavano (Sahu) Osiride.

Sembra che la parola sahu significhi qualcosa come libero, nobile, superiore. Sahu ha il potere di viaggiare ovunque, sia in cielo che in terra, può ascendere al cielo e abitare con i Neteru (dei, dee) nei loro Sahu, ed anche unirsi all’anima e conversare con essa. Nel tempio di Kom Ombo, leggiamo alcune parole dell’Inno a Sobek:

«O dei, uomini, spiriti Akh venerabili, o morti, andiamo ad adorarlo, esaltiamo i suoi bau».

La radiche “akh” corrisponde alla nozione di afficacia, ma anche di luminoso. Così capiamo che Akh è una forma di esistenza, un essere dotato di potere, e non uno stato come il Ka o una facoltà come il Ba.

Gli spiriti Akh possono diventare anche spiriti erranti, nel caso non abbiamo ricevuto i riti funebri adeguati. in tal caso, se si conosce il Nome, è possibile placare lo spirito Akh con uno scritto, deponendolo sulla sua tomba.

 

9. Il corpo fisico — Khat

X
a
t

Khat significa corruttibile, soggetto a decomposizione. E’ l’opposto di Akh, luminoso e incorruttibile. Inoltre, gli egizi distinguevano il cadavere, Khat, dal corpo vivente, Djet.

Il Khat è soggetto a decomposizione, anche se può riferirsi a un corpo mummificato. Alcuni testi usano una terminologia piuttosto spietata, che chiama “legno” il cadavere rigido e disseccato posto nel sarcofago.

Il termine “khat” o “hau”, in origine indicava le membra oppure il ventre. 

 

 

10. Colui che non è Uno

Un testo particolare è il cosiddetto Inno Cannibale, probabilmente tramandato per tradizione orale fin dalla notte dei tempi finché fu poi inserito nel complesso  letterario di carattere magico-funerario conosciuto con il nome di Testi delle Piramidi, ma la cui identità originaria di testo indipendente appare chiara.

Nella versione a noi pervenuta, questo Inno è dedicato a Unas, ultimo faraone della V dinastia (2450 a.C. circa), e venne scritto sulle pareti della camera funeraria della sua piramide. 

Il Cielo è annuvolato, le stelle si oscurano,
gli Archi tremano, le ossa degli dèi della terra rabbrividiscono.
Cessano i movimenti quando vedono Unas che sorge,
potente come un dio che vive dei suoi padri,
si nutre delle sue madri.

Unas è il signore della potenza, il cui nome sua madre ignora.
La dignità di Unas è in cielo, la sua forza è all’orizzonte,
come suo padre Atum che lo ha partorito:
lo ha partorito più vigoroso di sé;
i ka di Unas sono dietro di lui,
le sue ancelle sono sotto i suoi piedi.

I suoi dèi sono sopra di lui, i suoi urei sono sopra il suo vertice.
Il serpente-guida di Unas è sopra la sua fronte,
quella che guarda l’anima come diadema e fiamma di fuoco.

La forza di Unas è sua protezione:
Unas è il toro del cielo,
che fu vivo e si pose in cuore di vivere dell’essenza di ogni dio,
che mangiò le loro viscere, quando essi vennero,
il ventre pieno di magia, dall’Isola della Fiamma.

Unas è ben provvisto, si è incorporato gli spiriti.
Unas è apparso come il grande,
Signore di quelli che hanno le mani pronte;
Egli siede con le spalle a Geb:
Unas giudica insieme a colui il cui nome è nascosto [Amon],
nel giorno in cui sono sgozzati i primi fra gli dèi.

Unas è il Signore delle offerte che annoda la fune,
che prepara Egli stesso il suo pasto:
Unas è colui che mangia gli uomini e vive di dèi,
Signore dei messaggeri, che distribuisce ordini.

È «L’afferra-vertici che è in Kehau»,
Colui che li prende al laccio per Unas;
È «Il serpente che solleva la testa»,
che glieli sorveglia e li punisce;
È «Quello che è sui salici», che glieli lega;
È «Khonsu che uccide i Signori», che li sgozza per Unas,
cocendo un pasto per lui nei suoi focolari della sera.

Unas è colui che mangia le loro magie e ingoia i loro spiriti.
I loro grandi sono per il pasto mattutino,
i loro medi sono per il pasto serale,
i loro piccoli sono per il suo pasto notturno,
i loro vecchi e le loro vecchie sono per il suo incensamento.

Sono «Le grandi nel lato settentrionale del cielo»
Che accendono il fuoco sotto le caldaie che li contengono,
con le cosce dei loro primogeniti [usate come combustibile].

Gli abitanti del Cielo servono Unas
Quando i focolari sono formati per lui
Con le gambe delle loro donne.

Egli ha contemplato attraverso i Due Cieli,
Egli è passato sopra le Due Terre:
Unas è il Grande Potente che ha potere sui potenti,
Unas è il Falco che vola oltre i falchi, il Grande Falco:
quello che trova nella sua vita, egli se lo mangia pezzo per pezzo.

L’importanza di Unas viene prima di tutti i nobili
Che sono nell’Orizzonte.
Unas è il dio più anziano degli anziani:
le migliaia lo servono, le centinaia gli fanno offerte.

Un titolo di potente e di grande a lui è dato da Sah [Orione],
il Padre degli Dèi.

Unas è di nuovo sorto in cielo,
coronato come Signore dell’Orizzonte;
Egli ha contato le vertebre del dorso,
Egli ha preso il cuore degli dèi,
Egli ha mangiato la Corona Rossa e ingoiato la Verde;
Unas si nutre con i polmoni dei sapienti,
Egli è pago di vivere di cuori, così come delle loro magie.

Unas ha nausea quando lecca le cose abominevoli,
che sono nella Corona Rossa,
ma si rallegra quando la loro magia è nel suo corpo.

Le dignità di Unas non gli sono rapite
Poiché Egli ha ingoiato l’intelligenza di ogni dio.

La durata della vita di Unas è l’Eternità,
il suo termine è la Perpetuità,
in questa sua dignità di Se vuole fa, se vuole non fa
che è nel limite dell’orizzonte per sempre e sempre.

Ecco, la loro anima è nel corpo di Unas,
i loro spiriti sono con Unas,
una zuppa di dèi, cotta per Unas con le loro ossa.

Ecco, la loro anima è con Unas,
le loro ombre sono allontanate da quelli cui esse appartengono.

Unas è come Colui che sorge, Colui che resta.

Gli operatori di iniquità [le forze del Male] non potranno abbattere
Il posto del cuore di Unas fra i vivi
In questa terra [la piramide] per sempre e sempre.

divisore

Un pensiero riguardo “L’Anima Egizia – Nove Vite come i Gatti

  1. Grazie Matt, spiegazione estremamente esaustiva, raramente si trovano argomenti così peculiari della parte completa dell’essere umano . Mi mancavano le tue conoscenze esoteriche, spero di poterne assaporare altre. Riconoscente,
    Carla

Lascia un commento