Dioniso infatti,
quando ebbe posto l’immagine nello specchio,
a quella tenne dietro,
e così fu frantumato nel tutto.
Ma Apollo lo raccoglie assieme e lo riconduce alla vita,
essendo dio purificatore e veramente salvatore di Dioniso,
e per questo viene celebrato come Dionisodote.
(Olimpiodoro, Commento al Fedone di Platone)
Le Origini

Dopo il rapimento, Persefone torna tra gli immortali per riabbracciare la madre Demetra, ma avendo mangiato i chicchi di melagrana sarà costretta a tornare periodicamente negli inferi quale regina. In questo frangente, duranti i rituali dei Misteri Eleusini, Persefone annuncia di essere incinta.
Esiste un racconto orifico secondo cui Dioniso venne generato da Persefone, e in questi casi gli viene attribuito l’epiteto Chthonios. Tale appellativo era talvolta utilizzato per identificare la parte oscura di Zeus, rappresentata da Ades.
Bisogna quindi considerare Ades come Zeus Katachthonios, che ha sedotto la propria figlia Persefone, diventando padre di Dioniso Chthonios.
Zeus si sarebbe quindi congiunto con sua sorella Demetra generando Persefone, e successivamente si sarebbe congiunto con la figlia stessa generando Dioniso.
Il luogo delle nozze sarebbe stato una grotta che gli Orifici consideravano “la grotta delle tre Dee nella notte di Fanete”, in cui Demetra teneva nascosta la figlia Persefone, e in cui Zeus si insinuò con le sembianze di un serpente.
Demetra e Persefone sono spesso considerate come un’unica divinità, l’una il completamento dell’altra, essendo Demetra la dea della superficie della terra, la parte vitale che dispensa il cibo, mentre Persefone è la dea del sottosuolo, del regno dei morti.
In altre versioni del mito, la Dea con cui Zeus generò Persefone fu sua madre Rea. Il nome Demetra si inserì più tardi come alter-ego di Rea, che aveva nascosto il figlio Zeus in una grotta affinché il padre Krono non lo divorasse.
Ad ogni modo, Dioniso è il frutto di un doppio incesto da parte di Zeus, ma per comprendere meglio questa intricata situazione così apparentemente perversa, occorre fare un passo indietro e risalire fin ai primordi della creazione.
Nell’orfismo si narra che in principio vi era la Notte che, fecondata dal Vento, depose un uovo d’argento dal quale nacque Phanes (Fanete), l’androgino. Dal guscio d’uovo spalancato in due metà, ebbero origine il Cielo e la Terra.
Il Cielo e la Terra, detti Urano e Gea, restarono uniti in una copula ininterrotta finché Gea, frustrata dal non poter dare alla luce i suoi figli, forgiò un falcetto nelle proprie viscere e lo consegnò al figlio più giovane, krono, il quale evirò il padre Urano. Fu così che i figli di Urano e Gea vennero alla luce.
Questo evento mitologico, segna il passaggio dalla dimensione del Non-Essere alla dimensione dell’Essere.
In seguito, Krono si unì alla sorella Rea, rispettivamente il Tempo e la Materia nelle sue tre dimensioni, ovvero lo spazio. E’ facile osservare che, per i nostri avi, il Tempo era dato dalle rotazioni planetarie, quindi è messo in analogia con il cielo e con Urano, mentre lo Spazio dato dalle tre dimensioni della materia era in analogia con la terra e con Gea.
Nell’era di Krono e Rea, il Tempo era senza vecchiaia e lo Spazio senza dimensioni calcolabili. Tutto era in Essere. Gli antichi greci chiamarono questo periodo Età dell’Oro.
Ma un giorno Rea nascose il figlio Zeus in una caverna, affinché il padre Krono non lo divorasse, come accadeva di consueto con i loro figli, poiché Krono non voleva essere spodestato. Una volta cresciuto, Zeus uccise il padre.
Sconfiggendo Krono il Tempo Senza Vecchiaia, Zeus decretò la fine dell’Età dell’Oro, e il passaggio dalla dimensione dell’Essere alla dimensione del Divenire.
Dopo aver detronizzato Krono, Zeus liberò i suoi due fratelli completando così la triade maschile Zeus-Ade-Poseidone, ovvero Cielo-Terra-Acqua, e le sue tre sorelle, la triade femminile Era-Demetra-Hestia, ovvero Cielo-Terra-Fuoco.
Vediamo quindi come la dimensione del Cielo corrisponda alla percezione del Tempo, e come il Tempo passi dall’Essere al Divenire mediante l’aggiunta dell’elemento Acqua, che implica lo scorrere, il fluire. Il tempo inizia a fluire, la dimensione del Divenire contiene in sé un passato, un presente e un futuro, e con lo scorrere del tempo le cose cambiano.
La Terra, intesa come Materia, passa dalla dimensione dell’Essere a quella del Divenire con l’aggiunta dell’elemento Fuoco, lo spirito vitale che permette alla materia di trasformarsi. Ha inizio l’Età dell’Argento, della ciclicità, dell’agricoltura.
Zeus, benché sposo della sorella Era in quanto entrambi rappresentano l’elemento celeste, fu noto per le sua infedeltà, infatti si unì a varie controparti femminili, tra cui la sorella Demetra, che rappresenta l’elemento terra.
Abbiamo di nuovo l’unione delle essenze Cielo e Terra, per questo si dice che si congiunse con sua madre-sorella. Colei che prima era Rea, dopo essere diventata la madre di Zeus divenne Demetra. Come scrisse il filosofo ateniese Atenagora:
«Dal momento che sua madre Rea aveva proibito le nozze [di Zues con Rea] che Zues voleva, egli la inseguì. Dopo che ella si fu trasformata in serpente, egli fece lo stesso e avvinghiandola con il cosiddetto “nodo eracleotico”, si unì a lei. Un’allusione a questa forma di unione è il bastone di Ermes. In seguito si unì con la figlia Persefone, figlia di Rea e Zeus, violentando anche lei in forma di serpente. Ella partorì da lui Dioniso».
Dall’unione di Zeus e Rea-Demetra nacque Persefone, regina del Regno dei Morti, e dunque la morte stessa. Si passa dalla dimensione del Divenire-Infinito alla dimensione del Finito. Del resto, l’Infinito deve contenere tutto per definizione, dunque ha in sé anche il limite.
Secondo Orfeo, Persefone veniva tenuta nascosta in una grotta dalla madre Demetra che cercava di proteggerla, esattamente come era accaduto anche a Krono e Zeus. Dunque la storia si ripete in maniera identica.
Zeus si insinuò nella grotta con le sembianze di serpente e fecondò Persefone; dalla loro unione nacque Dioniso, la rinascita dopo la morte. Ogni fine contiene in sé un nuovo inizio.
Il mito di Dioniso mette da subito in evidenza questo aspetto del dio: i Titani, forze primordiali che erano state sconfitte da Zeus, decisero di vendicarsi e rapirono il fanciullo divino distraendolo con uno specchio, oppure, come narra il poeta dell’iniziazione Orfeo: «Trottola e rombo e marionette e le belle mele d’oro delle Esperidi dalla voce acuta».
I Titani uccisero Dioniso dilaniandolo, anche se era appena un infante, smembrandolo in 7 parti, oppure, in altre versioni, in 3 parti. Questi numeri non sono casuali, ma entrambe le versioni sono riconducibili al ciclo lunare che è di 27,5 giorni.
Se il ciclo lunare viene suddiviso in 4 parti, ogni parte conta 7 giorni. La luna piena avverrà il 14° giorno e l’intero ciclo durerà 28 giorni. Se invece il ciclo lunare è suddiviso in 3 parti, ogni parte conterà 9 giorni, e avremo un ciclo di 27 giorni.
Entrambe le numerazioni sono valide, ed entrambe le versioni del mito si riferiscono allo smembramento del nous (νόυς), l’intelletto inteso come capacità di comprendere, l’intelligenza dunque. «Il nous vede, il nous sente: tutto il resto è sordo e cieco».
Il processo di smembramento associato al ciclo lunare e di conseguenza all’elemento acqua, è un processo di morte e rinascita che ha lo scopo di purificare il nous, e non a caso è associato al simbolismo della caverna, del mondo che si rigenera.
Seconda Nascita

Il dio Apollo trovò il cuore del fanciullo Dioniso e lo portò a Zeus. E’ utile notare che il cuore veniva considerato la sede del nous, e che nell’Iliade Apollo viene apostrofato da Poseidone come “colui che ha un cuore privo di nous”.
Ciò si riferisce al fatto che Apollo, insieme alla sorella Artemide e alla dea Atena, è una divinità del distacco, totalmente privo di empatia, al contrario di Dioniso. Apollo e Dioniso sono due divinità antitetiche, eppure unite da un tacito sodalizio.
Zeus, venuto in possesso del cuore del piccolo Dioniso, ne fece una bevanda che diede da bere all’umana e mortale Semele, la quale restò incinta. In questo racconto si nota il gioco di parole in cui “cuore” sostituisce “legno di fico”.
Semele era la figlia di Cadmo e Armonia. Armonia è niente di meno che la figlia di Ares e Afrodite, dunque è il risultato del connubio tra due forze opposte, fuoco ed acqua; Armonia è una dea immortale, data in sposa al re di Tebe, Cadmo, umano e mortale. Ma non certo un umano qualsiasi: Cadmo era il fratello di Europa, la fanciulla che venne rapita da Zeus con le sembianze di toro – un rapimento comunque analogo a quello di Persefone. Europa a sua volta, era la nipote di Io, un’altra fanciulla rapita da Zeus con le sembianze taurine. Cadmo portava nel suo sangue la discendenza del toro, e il toro è l’animale totem dell’elemento Terra.
Nella coppia Cadmo e Armonia vediamo l’eco degli eventi che si ripetono, fino all’ennesimo connubio degli opposti, cielo e terra, spirito e materia.
La coppia Cadmo e Armonia generò 4 figlie, Semele e le sue tre sorelle Agave, Ino e Autonoe, ed un fratello, Polidoro. Abbiamo di nuovo una numerazione lunare, in cui viene considerata la luna in tre fasi più una, la luna nera o luna nuova, rappresentata proprio da Semele.
Il nome Semele era la parola che i Frigi e i Traci usavano per dire ctonia, sotterranea, dunque Semele, il grembo oscuro e fecondo della terra, era colei destinata a congiungersi con il celeste Zeus, ed a rimanere incinta del fanciullo divino. Il concepimento, ancora una volta, non avvenne per rapporto sessuale, ma per assunzione orale.
In Asia minore si diceva che Zeus avesse celebrato le nozze con Semele sul monte Sipilo.
Era, moglie legittima di Zeus, ne fu gelosa e decise di vendicarsi del tradimento subito ispirando l’invidia nelle tre sorelle di Semele, per il fatto che, nonostante fosse ancora in età da nubile, Semele poteva vantare già un amante e anche una gravidanza.
La povera Semele subì le crudeli beffe di Agave, Ino e Autonoe, le quali criticarono non solo il fatto che fosse già incinta, ma anche che, nonostante il concepimento, il padre del bambino non si fosse ancora deciso a venire allo scoperto e a dichiararsi.
Infine Era assunse l’aspetto dell’anziana Beroe, nutrice di Semele, e si presentò alla ragazza, che a quel punto era già incinta di sei mesi, e cominciò a parlare con lei fino a quando il discorso cadde sul padre del bambino.
La vecchia mise in guardia Semele, consigliandole di fare una singolare richiesta al suo amante: rivelarle la propria identità, smettendo di ingannarla e nascondersi, altrimenti avrebbe potuto pensare che il suo aspetto fosse in realtà quello di un mostro. (Troviamo un episodio analogo anche nel racconto di Eros e Psiche).
Quando Zeus tornò da Semele, ella gli chiese di offrirle un regalo ed egli promise di esaudire qualsiasi suo desiderio. Semele chiese a Zeus di manifestarsi in tutta la sua potenza. Zeus, disperato, fu costretto a realizzare la richiesta e a mostrarle il fulmine che gli è proprio, così Semele morì incenerita.
A Tebe si mostrava il posto di un incendio, nel recinto sacro a Demetra all’interno del presunto palazzo di Cadmo, dove cresceva una vite, e si diceva che quello fosse il luogo in cui Zeus aveva ucciso Semele con il suo fulmine.

Zeus prese dal corpo di Semele il bambino di sette mesi e lo nascose nella propria coscia come fosse l’utero paterno, per partorirlo due mesi dopo dandogli il nome di Dioniso, che significa il “nato due volte” o anche “il fanciullo dalla doppia porta”.
Appena venuto alla luce, il piccolo Dioniso possedeva delle piccole corna e dei ricciolini serpentini. Le corna rappresentano il toro, i riccioli il serpente. Ritroviamo nell’archetipo dionisiaco la fusione di questi due animali totem, di cui Zeus aveva assunto le sembianze per fecondare Europa e Persefone.
Il Toro e il Serpente sono due totem fondamentali, che si rigenerano fin dai primordi dell’umanità, e che troviamo nelle culture primitive dei popoli cacciatori.
Dioniso venne affidato ad Ermes, il quale, per proteggerlo da Era, lo portò su una lontana montagna, il monte Niso dell’Asia minore, sulla quale vivevano le Iadi, ninfe dei boschi. Queste crebbero amorevolmente il piccolo Dioniso nascondendolo in una caverna, finché non fu tempo di trovargli un precettore.
Chiesero allora a Sileno, un anziano figlio di Pan e di una ninfa, che possedeva una straordinaria saggezza e il dono della divinazione.
La Maturità

Divenuto adulto, Era riconobbe in Dioniso il figlio di Zeus e si vendicò facendolo diventare folle. Dioniso iniziò a vagare qua e là, con al seguito Sileno, satiri e baccanti, diffondendo il suo culto e compiendo varie imprese.
Dioniso è il dio tra gli umani, e in questa fase è egli stesso mortale.
In India sconfisse il re Deriade ed ottenne l’immortalità; quindi decise di tornare in Grecia come legittimo figlio di Zeus, finalmente purificato dalla pazzia inflitta da Era.
Passò dalla Tracia, dove il re Licurgo si mostrò ostile al culto dionisiaco e imprigionò i seguaci del dio. Dioniso la prese male: si recò dalla titanessa Teti e la convinse ad opprimere il regno di Licurgo con la siccità.
Licurgo impazzì e fece a pezzi suo figlio a colpi d’ascia. Nel frattempo il popolo chiese lumi all’oracolo, il quale rivelò che tutto il regno sarebbe rimasto secco e sterile fino alla morte del re. Il popolo insorse: tutti si recarono al palazzo di Licurgo, lo trascinarono fuori e lo linciarono su pubblica piazza.
Dioniso, colui che aveva liberato la Tracia dalla maledizione della siccità, liberò i suoi seguace e diffuse il suo culto.
Quindi passò dalla Boezia e nelle isole dell’Egeo, dove si fece dare un passaggio su una nave da tre loschi individui, che si rivelarono essere pirati e avere l’intenzione di vendere Dioniso come schiavo. Naturalmente ebbero ciò che meritavano, come narra uno degli inno omerici a Dioniso.

Dioniso giunse a Tebe, dove viveva il suo parentado materno, e dove regnava suo cugino Penteo, ed anch’esso si dimostrò contrariato rispetto al culto dionisiaco. Ed ecco che il Dio scatenò la sua vendetta, narrata da Euripide nella tragedia intitolata Le Baccanti.
Finalmente Dioniso tornò in Grecia, e gli venne in mente che tutto sommato sua madre era ancora morta, e magari e perché no, forse era il caso di andare a cercarla. Si fece aiutare da Prosimno, un pastore che viveva nei pressi del Lago di Lerna, che lo accompagnò con la sua barca proprio in mezzo al lago, dove c’era l’accesso all’Ade.
Alle porte degli inferi, le cose andarono più o meno così:
“Buon viaggio allora” deve aver detto Prosimno a Dioniso.
“Grazie amico mio. Come posso ricompensarti per il tuo aiuto?”
“Considerando che siamo in mezzo ad un lago che è niente di meno che la porta dell’oltremondo… che ne dici di concederti a me come una donna?”
“Mmhm… ok ci sto. Però prima vado a prendere mia mamma”.
“Ok, ti aspetto”.
Dioniso scese nell’Ade, recuperò Semele e la condusse sull’Olimpo rinominandola Thiona “colei che è in furore estatico”, e tornò. Nel frattempo però Prosimno era morto.
Dioniso, che a conti fatti dava ad ognuno ciò che meritava, nel bene o nel male, non si rassegnò: si recò sulla tomba del suo amico, prese un ramo di fico che intagliò a dovere, e ci si sedette sopra, in pratica auto-sodomizzandosi.
Dioniso e Arianna

A Dioniso viene associata prevalentemente una compagna: Arianna, figlia del re Minosse e della Dea Pasifae. Minosse è nientemeno che il figlio di Zeus e Europa, Pasifae è figlia di Elio, il Sole, e di un’oceanina, ed il suo nome significa “colei che splende per tutti”, cosa che si può dire soltanto della Luna piena che splende nel cielo.
Nipote del Sole e figlia della Luna, Arianna è una fanciulla mortale il cui nome “Ariadne” è una forma greco-cretese di “arihagne” che significa “oltremodo pura”, e “hagne” (pura), è l’appellativo della Regina degli Inferi.
Dunque la compagna di Dioniso per definizione è, guarda caso, la sua prima vera madre immortale Persefone.

L’appellativo di Arianna era “Signora del Labirinto”. Arianna aiutò Teseo, uno straniero giunto a Creta le cui gesta rivelavano la sua dedizione al dio Apollo, ad uccidere il Minotauro (che per altro era il fratellastro di Arianna), dandogli il filo per uscire dal labirinto. Il Minotauro, l’uomo con la testa di toro, si chiamava Asterios, che significa “stella”.
Il labirinto non va considerato come un percorso in cui ci si perde, ma è un tracciato che confonde, difficile da seguire senza portare con sé un filo, ma che riconduce, nonostante le svolte e i ripiegamenti, all’ingresso, purché al centro non si venga divorati.
In una descrizione che deriva da Plutarco, i percorsi circolari divennero errori e interminabili giri viziosi all’intorno, ma anche un percorso iniziatico. La forma venne spesso disegnata angolata solo in quanto più semplice da riprodurre. Più tardi, i percorsi circolari, assunsero la forma dei crocicchi e dei trivi di cui, ricordiamo, la Signora è Ecate, la titanessa Signora della Magia e delle Streghe che nella mitologia greca assunse il ruolo di ministro di Persefone.
Il labirinto, rappresentato con meandri e spirali, era un luogo di giri viziosi ma non un luogo senza via d’uscita, pur potendo diventare un luogo di morte, che era proprio la sfera d’influenza di Arianna.
Arianna però donò a Teseo il filo che gli permise di uscire dalla sua sfera d’influenza. Arianna rinunciò al suo amato Teseo affinché vivesse, mentre ella morì.
Arianna aveva due sorelle, Fedra “la splendente” ed Egle “la luminosa”, entrambe sue rivali per l’amore di Teseo, e proprio queste sue sorelle fuggirono con lui sulla nave, mentre Arianna venne abbandonata su un isola. Perchè? Forse Teseo, preso dal trambusto, si dimenticò di lei. O forse, quella notte, Teseo fece un sogno strano, in cui Dioniso gli intimava di non portare via Arianna. Del resto, Teseo e Arianna, non erano fatti per stare insieme.
Sull’isola di Cipro Arianna morì tra le doglie del parto, senza riuscire a mettere al mondo il frutto del suo amore, ma lo portò con sé nel regno dei morti. Le donne di Amatonte la seppellirono con il suo bambino in grembo, in un boschetto sacro che da allora appartenne a lei quale Arianna-Afrodite.
Fuori da Creta, Arianna assunse la figura della Grande Dea dell’Amore e, infatti, secondo gli ateniesi, fu proprio Afrodite che aiutò Teseo ad uscire dal labirinto. Non sapremo mai se fu Afrodite a muovere Arianna, o se Teseo incontrò la dea stessa nel labirinto.
Non è detto che Arianna non partorì, una volta giunta nell’Ade. Questo mito cipriota, infatti, mette Arianna in analogia con Semele e con Persefone: tutte e tre partorirono nella morte, tutte e tre diedero la vita nella morte. Tale era il mistero dei riti di Eleusi.
In un’altra versione, Arianna venne abbandonata sull’isola di Naxos, una spiaggia battuta dalle onde, dove si muovevano solo le alghe e nessuno vi abitava. Era il luogo dell’ossessione circolare, un luogo dell’anima. Qui rimase Arianna, attonita, mentre fissava l’orizzonte dove la nave di Teseo era già comparsa, finché, sopraffatta dal dolore, si impiccò, come sua madre Pasifae aveva già fatto, e come avrebbe fatto sua sorella Fedra.
Secondo la versione omerica, fu Artemide a dare la morte ad Arianna. Proprio la dea che puniva la perdita della verginità con pericolose doglie e che assisteva ai parti, uccise Arianna con una freccia. Si narra che Arianna avesse celebrato le sue nozze con Dioniso a Creta, prima dell’arrivo di Teseo, e che come dono di nozze, Dioniso le avesse regalato la corona d’oro tempestata di diamanti e pietre preziose ch’egli aveva a sua volta ricevuto in dono da Afrodite.
Dunque l’infedele Arianna diede a Teseo proprio questa corona per far luce nel labirinto, e Dioniso, irato, aveva invocato Artemide, come fanno gli uomini quando invocano un dio o una dea a testimoni, allorché subiscono un torto, affinché la dea Artemide vedesse cosa stava accadendo.
Quando Artemide scorse Arianna in fuga con lo straniero Teseo, quando vide che proprio Arianna che era la moglie di Dioniso stava per sottrarsi alla sfera dionisiaca, la punì con la morte trafiggendola con una delle sue frecce.

Oppure, in un’altra versione ancora, Dioniso giunse a salvare Arianna, disperata dopo essere stata abbandonata da Teseo, e la portò con sé in cielo, come aveva fatto con la madre Semele, e le diede il nome di Aridela, “la visibile da lontano”. Da allora Arianna divenne la Corona Boreale, che nel nostro emisfero è ben visibile ad est nel cielo serale di fine febbraio, si mostra alta nel cielo nei mesi di maggio e giugno e, nel corso dell’estate, tende a declinare verso occidente, finché, alla fine di ottobre, non è più osservabile.
Il tradimento di Arianna, come una spirale, si avvolge su se stesso, e le si ritorce contro.
Arianna, benché figlia di un re e di una dea, benché moglie di un dio, rinnega tutto per lo straniero Teseo. Arianna ha in sé quella follia di chi spregia ciò che ha intorno e punta lo sguardo oltre, in caccia dell’inconsistente con vane speranze.
La negazione non è uno scontro frontale e mortale, ma un lento scindersi da se stessi, opporsi a se stessi, annullarsi in un gioco che può esaltare o distruggere, e generalmente esalta e distrugge.
L’uccisione del mostro e il tradimento femminile sono due modi di agire della negazione. Il primo sgombra uno spazio, lascia un vuoto evocatore, mentre il tradimento femminile non muta gli elementi dello spazio, ma li ridispone. È un effetto di confusione, innanzitutto, di sconcerto. I ruoli si rovesciano, ed è sempre una donna a rovesciarli. C’è un’ottusità dell’eroe che lo obbliga sempre a seguire una sola traccia. Perciò l’eroe ha bisogno di un completamento, di un altro modo della negazione. La donna traditrice completa l’opera dell’eroe: la porta a compimento e la estingue. Dopo il tradimento e la morte di Arianna, la civiltà minoica di Creta era finita.
A differenza delle storie di Zeus e Korno che detronizzarono i loro padri, Dioniso non si oppose mai a Zeus nè lo sconfisse. Tuttavia il padre degli dei trova la sua nemesi nel dio Apollo, controparte di Dioniso.
Ma questa è un’altra storia.