Il mito è saggezza, è conoscenza di sé e del mondo.
Le vicende mitiche sono atemporali e perpetue:
si ripetono nel tempo in cicli concentrici sempre più vasti eppure sempre più fragili,
come arabeschi di fumo che via via salgono al cielo fino a perdersi nell’infinito.
Spirali d’incanto, che da sempre hanno affascinato la coscienza umana con la rivelazione velata, la verità intuita ma non afferrata.
Per ogni mito vi è anche un rito: il mito racconta la vita, il rito la rappresenta e la celebra.
Il rito è la proiezione di un evento psichico, in cui gli officianti divengono essi stessi personificazioni di principi psicologici astratti.
Attraverso i mezzi dichiaratamente artificiali della rappresentazione drammatica di questi eventi, si induce una reazione nella coscienza:
l’anima si esaltata fino al culmine ed in questa sua pienezza si eleva allo stato di archetipo, esprimendosi, infine, in una meravigliosa catarsi.
Il mito è la chiave, il rito è la porta; insieme formano il varco tra il visibile e l’invisibile.