I Processi
Nelle inchieste e negli interrogatori perpetrati dagli inquisitori nei confronti delle persone accusate di stregoneria, la regola era semplicissima: bastavano due o tre testimoni a confermare l’accusa.
Quando si arrestava una strega, si prendevano le dovute precauzioni per neutralizzare i suoi poteri. La strega era trasportata tenendola sollevata da terra, legandola su un asse di legno o in una cesta, per negarle il contatto con le regioni infernali del sottosuolo.
In tribunale, la strega doveva dare le spalle al giudice, in modo da non ammaliarlo con lo sguardo. Inoltre, era consigliato al giudice di portare addosso erbe benedette e sale consacrato. Né il giudice né altre persone coinvolte nel processo dovevano entrare in contatto con le mani o le braccia dell’imputata, sempre per evitare l’ammaliamento.
Durante gli interrogatori si faceva largo uso di domande a trabocchetto. Ad esempio, si chiedeva all’imputata se credeva che esistesse o no la stregoneria, che si potessero scatenare tempeste o affatturare le persone o gli animali. E’ da notare che la maggior parte delle presunte streghe rispondeva di no. A questo punto, la domanda successiva scattava con la stessa violenza di una tagliola: “Allora le streghe bruciate sono state condannate ingiustamente?”.
Ovviamente l’imputata era costretta a rispondere, anche se questa risposta era già ormai del tutto superflua dal momento che persino il non credere nella stregoneria era considerato eresia.
A parte la sorveglianza, la strega era tenuta in assoluto isolamento dal mondo esterno, tranne per le visite di persone che solo apparentemente erano dalla sua parte, ma in realtà complici dei giudici. Costoro le suggerivano una linea di condotta, e questa sarebbe una delle spiegazioni della sconcertante omogeneità delle confessioni, oltre all’estrapolazione sotto tortura.
I processi erano condotti dagli inquisitori avvalendosi non solo delle torture fisiche, ma anche di quelle psicologiche, facendo leva sulla solitudine e sull’isolamento. Anche la paura della tortura, provocata e alimentata al punto da trasformarsi in uno stato parossistico di panico, era di per sé un’efficace tortura. In pratica, all’accusata era detto che avrebbe subito un interrogatorio sotto tortura, ma non dicendole quando.
Quindi, tutta la preparazione era effettuata con una lentezza estenuante e, una volta legata allo strumento di tortura scelto, l’inquisitore usava la nota strategia della doppiezza. Infatti, era noto tra gli inquisitori che nel torturare la presunta strega bisognava mostrarsi turbati, per poi slegarla e portarla in un’altra stanza, dove si cercava di persuaderla dicendole che poteva evitare la pena di morte.
Anche qui, il Malleus Maleficarum, manuale del perfetto inquisitore, offre prova di un efferato sadismo. Il libro suggerisce al giudice di promettere la vita alla strega, ma liberandosi dall’incombenza di pronunciare una sentenza di morte deputandola ad un altro giudice. In alternativa, si poteva benissimo promettere la vita, ma sarebbe stata una vita in carcere a pane e acqua.
Riportata in cella, tra una tortura e l’altra, la strega non era mai lasciata sola: “per paura che il diavolo la spingesse al suicidio”. Praticamente, un tentativo di suicidio, evidentemente causato dallo strazio e dal terrore, era interpretato come una prova inconfutabile di colpevolezza dell’imputata, discolpando al contempo gli inquisitori dalla loro crudeltà.
Alcune donne tentavano di suicidarsi infilandosi nella testa gli spilloni che usavano per fermare i capelli. Di fronte a tale disperato gesto, gloi inquisitori affermavano: “L’abbiamo trovata in questo stato, come se avesse voluto infilarli nelle nostre teste”.
Anche il pianto, che avrebbe potuto commuovere ed essere interpretato come un segno di innocenza, viene demonizzato: «… che fare se, per l’astuzia del diavolo, Dio permettendo, accadesse che anche la strega pianga, dal momento che piangere, filare, ingannare, si dice sia proprio delle donne? Si può rispondere che i giudizi di Dio sono occulti». A questo proposito, gli inquisitori scoprirono ben presto che non c’è al mondo espediente migliore che formulare minacciosamente un’imposizione per ottenere, da un punto di vista psicologico, l’effetto contrario.
Le Torture
La Gogna
La gogna era posta nei luoghi più frequentati, come i mercati e le entrate delle città, così fungeva da monito al solo guardarla.
Il supplizio della gogna era dedicato per lo più ad ubriaconi, ladri e donne bisbetiche. Infatti, era considerato uno strumento punitivo minore, dal momento che consisteva nell’immobilizzare la vittima.
A parte il fatto di ritrovarsi immobile in una postura scomoda per diverso tempo, senza cibo nè acqua, la gogna diventava una tortura vera e propria quando la vittima veniva schiaffeggiata, sbeffeggiata, ustionata e talvolta anche orribilmente mutilata dalla gente del villaggio.
Gogna in botte
La gogna dentro una botte consisteva nell’immergere la persona in una botte piena di escrementi, urina e materiali putridi. Era un supplizio inflitta più che altro agli ubriachi. Le botti potevano essere di due tipi, una chiusa sul fondo in cui la vittima era immersa, l’altra col fondo aperto. In quest’ultimo caso la vittima era costretta a camminare per il paese esponendosi al pubblico vituperio. In ogni caso, le vittime contraevano una qualche infezione e morivano in seguito.
Violone delle Comari
Detta anche Violino dell’Ignominia, era una gogna prettamente femminile. Esisteva in vari modelli: di ferro o in legno, per una o due donne. Utilizzato a scopo punitivo, era dedicato alle donne ritenute bisbetiche, litigiose, oppure colpevoli di pettegolezzi, o che avessero dato luogo a scandali. In Germania rimase in vigore fino verso la fine del 1800.
Le Fruste
L’utilizzo della frusta è un metodo di tortura punitiva molto antico. Nel Medioevo fu utilizzato principalmente per punire vagabondi e mendicanti, nonché donne ritenute colpevoli di oltraggio al pudore, in base alle considerazioni dell’epoca. La cosa che più sbalordisce, è il numero e la varietà di flagelli utilizzati nel supplizio della fustigazione.
Ordalìa del Fuoco
Prima di iniziare l’ordalia del fuoco tutte le persone coinvolte dovevano prendere parte a un rito religioso della durata di tre giorni, durante i quali gli accusati dovevano sopportare esorcismi, preghiere, digiuni e sacramenti. Dopodiché aveva inizio l’ordalia vera e propria, che aveva a che fare col fuoco.
Talvolta gli accusati dovevano trasportare un pezzo di ferro rovente per una certa distanza. Il peso del ferro era variabile: si andava da un minimo di circa mezzo chilo per reati minori, fino a un chilo e mezzo. Altre volte dovevano camminare a piedi nudi sopra i carboni ardenti.
Ad ogni modo, dopo la prova del fuoco, le ferite procurate erano coperte. Solo dopo tre giorni le ustioni venivano valutate: se si stavano rimarginando l’accusato era innocente. Se invece si fossero infettate, la colpevolezza era chiara. Questa tortura è una delle poche che lasciava spazio alla corruzione: si poteva fare in modo che l’oggetto incandenscente avesse una temperatura un po’ più tollerabile.
Pulizia dell’anima
Era spesso creduto, nei paesi cattolici, che l’anima di una strega o di un eretico fosse corrotta e sporca, nonché covo di quanto di più malvagio ci fosse al mondo. Così, per purificarla, le vittime erano forzate a ingerire acqua calda, carbone o sapone. La famosa frase “sciacquare la bocca con il sapone”, che si usa ancora oggi, risale proprio a questa pratica.
Il Cavalletto
La pulizia dell’anima assumeva toni peggiori quando veniva utilizzato il Cavalletto. La vittima era sdraiata con la schiena appoggiata su uno spigolo tagliente, le mani e i piedi fissati con delle corde. In questa posizione, era costretta a ingerire una grande quantità di liquidi per mezzo di un imbuto, tenendole chiuse le narici. Data la posizione, la vittima rischiava di affogare, ma il peggio doveva ancora arrivare. Una volta che la vittima aveva il ventre gonfio veniva percossa con calci e pugni nella pancia, fino a provocare emorragie interne.
La Sedia Inquisitoria
La vittima era fatta sedere nuda, con gli aculei che penetravano nella carne grazie al suo stesso peso. Questo supplizio era inferto per tempi molto prolungati e, talvolta, il carnefice infieriva ulteriormente percuotendo l’imputato e utilizzando altri strumenti di vario genere. La Sedia Inquisitoria fu utilizzata in Europa fino al 1846 per scopi giudiziari.
Pinze, Tenaglie e Cesoie
Pinze, tenaglie e cesoie potevano essere utilizzate a freddo oppure precedentemente arroventate. Servivano a deturpare e asportare svariate parti del corpo, dalle dita dei piedi e delle mani, al naso, alla lingua, ai seni femminili e ai genitali maschili. Per questi ultimi era usata una apposita pinza tubolare detta il coccodrillo. Per i seni femminili, invece, c’era lo straziatoio dei seni, formato da quattro zanne che riducevano i seni in masse informi, fino alla mastectomia.
Questa tortura era inflitta alle donne ritenute colpevoli di bestemmia, adulterio, atti libidinosi e aborto autoindotto. In alcune zone della Francia e della Germania, questa tortura è stata inflitta alle ragazze madri fino alla metà del 1700. Uno dei più famosi è quello di Anna Pappenheimer. Dopo essere stata torturata con la strappata, le vennero strappati i seni e, davanti ai suoi occhi, furono spinti a forza nelle bocche dei suoi figli adulti. Inutile dire che questa ignominia fu ben più di una tortura fisica. L’esecuzione, infatti, parodiava il ruolo di madre e nutrice della donna, imponendole un’estrema umiliazione. Ovviamente, questo genere di tortura era utilizzata anche come pratica inquisitoria e giuridica contro le donne accusate di stregoneria. Tra il 1500 e il 1800 fu particolarmente in voga un supplizio detto il Ragno Spagnolo o Ragno della Strega. Consisteva in artigli incernierati a tenaglia con i quali la vittima era sollevata per il seno o per le natiche, o addirittura per la testa. In quest’ultimo caso, gli artigli venivano conficcati negli occhi e nelle orecchie.
Le Turacas
Le Turacas erano una semplice morsa in cui venivano immobilizzate e gradualmente schiacciate le dita delle mani vittime. Una volta in questa posizione, degli aghi venivano infilati sotto le unghie che, infine, venivano strappate. Questa pratica non metteva la vittima in pericolo di vita ma causava un dolore indicibile.
Lo Schiacciapollici o Schiacciaginoccia
Semplice ed efficacissimo, lo schiacciamento delle nocche e delle falangi è tra le torture più vetuste. La resa, in termini di dolore inflitto in ragione dello sforzo e del tempo investito, era altissima, soprattutto in mancanza di attrezzature più complesse e costose.
Una variante, considerata un metodo di tortura minore, consisteva nell’infilare lo strumento all’altezza delle ginocchia, quindi l’arnese veniva stretto fino a provocare la frattura delle rotule. Il tutto poteva essere ripetuto più volte.
Lo Schiacciatesta
Il mento della vittima era fissato sulla barretta inferiore mentre la coppa della testa era abbassata a giro di vite. Per prima cosa si spezzavano gli alveoli dentali, poi le mascelle. Questo strumento ha perso la sua funzione capitale ma è rimasto in uso anche in tempi recenti negli ambienti militari, per la sua funzione inquisitoria, a scopo di estorcere informazioni. Certo, la barretta e gli appoggi sono stati imbottiti di materiali morbidissimi… e comunque dopo qualche giro di vite gli inquirenti erano soliti collaborare.
La Forcella
Con le sue quattro punte acuminate conficcate saldamente sotto il mento e sopra lo sterno, la Forcella impediva qualsiasi movimento della testa. Così la vittima era costretta a mormorare, con voce a malapena udibile, la parola “abiuro”.
La Cicogna
Pur sembrando uno dei tanti mezzi di incatenamento e costrizione, non più temibile di molti altri, la Cicogna induceva nella vittima forti crampi muscolari, già dopo pochi minuti, soprattutto all’addome e al retto. Con il passare delle ore, tali spasmi inducevano le vittime in stati di follia. L’uso di tale strumento era in voga tra il 1550 e il 1650, a scopi inquisitori e giudiziari, nonché militari.
La Pera
Questo strumento veniva impiegato il più delle volte per via orale, ma era usato anche nel retto e nella vagina. Una volta inserita, la Pera poteva essere aperta con un giro di vite, da un minimo a un massimo dei suoi segmenti. L’interno della cavità dove era inserita ne risultava orrendamente mutilato, spesso mortalmente. Infatti, i rebbi alla fine dei segmenti servivano a strappare e lacerare la gola o gli intestini o la cervice della vagina. Questa pena era riservata a coloro i quali erano accusati di aver avuto rapporti sessuali col Maligno.
La Garrotta
Vi sono due versioni di questo strumento. La prima è quella tipicamente spagnola, in cui la vite tira indietro il collare di ferro e la vittima muore per asfissia. Questo modello è rimasto in uso in Spagna fino al 1975, quando avvenne l’ultima esecuzione di un ragazzo di 23 anni, Salvador Puig Antich riconosciuto innocente nel 1979. Solo in seguito abolirono la pena di morte in Spagna. L’altra versione è quella utilizzata solo nella Catalogna, ed era fornita di un aculeo che penetrava tra le vertebre cervicali. E’ da notare che la presenza di questo aculeo, non solo non garantiva una morte immediata, ma acuiva il potenziale di una lentissima agonia.
La Fanciulla di Ferro o Vergine di Norimberga
L’idea di meccanizzare la tortura nacque in Germania, per questo il nome Vergine di Norimberga. Consisteva in una sorta di sarcofago con sembianze umane, precisamente di donna. Nella parte interna erano inseriti degli aculei metallici che trafiggevano il corpo di coloro che venivano rinchiusi. Questo strumento, però, era così ben congegnato che gli aculei non trafiggevano organi vitali e non procuravano la morte della vittima, non nell’immediato, almeno. In questo modo si otteneva una lenta agonia.
Lo Stiramento
Lo stiramento provocava lo smembramento della vittima. In Europa, gli strumenti più utilizzati a questo scopo erano il Pendolo ed il Banco Orizzontale.
Il Pendolo e la Strappata
Il Pendolo era un metodo semplice ed economico. La vittima veniva legata con i polsi dietro la schiena, quindi veniva allacciata una fune al vincolo dei polsi e veniva issata, lasciandola appesa in alto. Naturalmente le spalle si lussavano immediatamente. Una variante di questa tortura era la cosiddetta Strappata, che consisteva nel tirare di colpo la fune che issava la vittima, slogando le articolazioni. L’efficacia del procedimento poteva essere intensificata legando dei pesi ai piedi della vittima, fino a provocare lo smembramento.
Il Banco Orizzontale
Il Banco Orizzontale era un semplice tavolo su cui la vittima era distesa, con i piedi fissati da due anelli e le braccia legate all’indietro con una corda azionata da un argano. Azionando l’argano si provocava lo stiramento delle spalle e delle altre articolazioni, fino allo strappo muscolare e allo smembramento della colonna vertebrale.
La Pressa e la Cremagliera
era conosciuta come pena “forte et dura” ma, di fatto, era una sentenza di morte. Adottata come misura giudiziaria durante il quattordicesimo secolo, raggiunse il suo apice durante il regno di Enrico IV. In Bretagna venne abolita nel 1772. La cremagliera era anch’essa una variante del tavolo da smembramento, sul quale la vittima era legata sia alle caviglie che ai polsi. Lo smembramento, però, era provocato da alcuni rulli che venivano passati sopra al corpo della vittima in modo da slogare le articolazioni.
Lo Strappa Budella
La vittima era sdraiata su una tavola con piedi e mani legate. Quindi, era praticata un’incisione sull’addome, all’altezza dell’ombelico. Attraverso l’incisione venivano arpionate le interiora, con un gancio collegato ad un timone azionato con un movimento lento. A poco a poco, gli intestini venivano estratti, procurando alla vittima una morte lenta e penosa.
La Ruota
In Francia e Germania la ruota era popolare come pena capitale. Prima di essere sottoposta al supplizio della Ruota, la vittima era immobilizzata con gli arti nelle travi, quindi le venivano spezzate le ossa con un colpo netto. A questo punto, l’imputata era legata alla ruota fissata su un palo. L’agonia era lunghissima e poteva anche durare giorni prima di provocare la morte.
Il Triangolo o Piramide
Spogliato e issato su un palo alla cui estremità era fissato un grosso oggetto piramidale di ferro. La presunta strega era fatta sedere in modo che la punta entrasse nel retto o nella vagina. A questo punto venivano fissati dei pesi alle mani e ai piedi della vittima che, lentamente, era dilaniata.
L’Impalamento
L’impalamento era una delle più rivoltanti e vergognose torture concepite dalla mente umana. Consisteva nell’infilare un palo aguzzo nel retto della vittima, per poi forzarlo a passare lungo il corpo, talvolta fino a fuoriuscire dalla bocca o dalla gola. Il palo era poi piantato nel terreno, anche pubblicamente. Queste povere persone, quando non avevano la fortuna di morire subito, soffrivano anche a lungo prima di spirare.
La Gabbia
La Gabbia era usata come strumento di contenzione, così la strega veniva rinchiusa, talvolta dopo essere stata denudata, e appesa in prossimità di correnti d’aria. Spesso la Gabbia era utilizzata direttamente all’esterno dei palazzi comunali, ducali e di giustizia, nonché fuori dalle cattedrali, o in cima ad alte forche agli incroci delle strade maestre. La vittima, lasciata nuda, senza cibo né acqua, vi moriva dentro, ed il cadavere in putrefazione era lasciato in loco fino al distacco delle ossa. Fino a metà del 1700 i panorami urbani e suburbani europei abbondavano di queste gabbie in ferro o in legno. Famosi punti per tali gabbie sono stati l’angolo del Bargello a Firenze, e i muri dell’Arsenale a Venezia.
La Culla della Strega
La Culla della Strega era un metodo di tortura che replicava la gabbia, ma era utilizzato nelle campagne, in assenza dello strumento. La strega era chiusa in un sacco legato al ramo di un albero, e qui veniva lasciata, senza cibo né acqua, esposta alle intemperie e in balia degli animali selvatici.
Tormentum Insomniae
Questo metodo di tortura consisteva semplicemente nel privare le vittime del sonno. Tale metodo avrebbe potuto segnare una svolta nella storia della tortura, in quanto si poteva infierire sulla vittima al solo scopo di tenerla sveglia, ma senza praticare crudeltà sul corpo. Questo, almeno, era l’intento del suo ideatore, Ippolito Marsili. Tuttavia, non andò esattamente così. Di solito la vittima veniva legata e molestata ripetutamente con secchiate d’acqua o con tizzoni ardenti, per evitare che si addormentasse. Ovviamente le modalità per tener sveglie le vittime sono state numerose e fantasiose.
Ordalìa dell’Acqua
La strega aveva mani e piedi legati, oppure era legata ad una sedia o uno sgabello, oppure veniva messa dentro un sacco, magari insieme a topi o gatti, e infine gettata in acqua. Insomma, la fantasia poteva scatenarsi per rendere impossibile la sopravvivenza. Tuttavia, qualora l’imputata fosse riuscita a restare a galla, sarebbe stata certamente una strega, in quanto evidentemente l’acqua rifiutava una creatura demoniaca. Solo andando a fondo poteva mondare i suoi peccati, ma difficilmente sarebbe stata tratta in salvo prima di annegare.
Il Rogo
Una delle forme più antiche di punizione capitale riservato a streghe ed eretici, era la morte per mezzo del rogo. L’esecuzione avveniva solitamente dopo breve tempo dall’emissione della sentenza, ed era sempre una manifestazione pubblica tenuta in grande considerazione. Di solito, poco prima del rogo, la vittima veniva strangolata. Spesso però accadeva che non morisse, ma semplicemente fosse ridotta in stato di incoscienza. Quindi la vittima, legata ad un palo e cosparsa di pece, era data alle fiamme talvolta mentre era ancora viva. E’ da notare che, qualora la strega fosse riuscita a liberarsi e tirarsi fuori dal rogo, la gente del pubblico l’avrebbe spinta dentro con forche e bastoni.
La Decapitazione
Il Ceppo e la Mannaia sono forse il più antico strumento d’esecuzione capitale, ma in epoca medievale venne riservato ai nobili. Tuttavia, moltissimi furono gli incidenti da parte di boia poco esperti che, anziché regalare una morte rapida con un sol colpo, dovettero infierire sulla vittima numerose volte prima di riuscire a staccare la testa dal corpo. Poi, finalmente, si ideò la ghigliottina, che almeno ebbe il pregio di risolvere il problema.
La Cintura di Castità
L’utilizzo di questo strumento era atto ad assicurare la fedeltà della moglie durante le lunghe assenze del marito. Tuttavia, era anche un valido metodo contro lo stupro, utilizzato dalle donne della nobiltà, al fine di evitare una prole illegittima. Inoltre, era utilizzato negli ambienti particolarmente puritani, dove era ritenuta importante la conservazione della verginità fino al matrimonio. In questo caso, lo strumento assumeva un ruolo auto-dissuasivo contro la tentazione di intrattenere rapporti prematrimoniali.
Una rapida Stima delle Vittime
La persecuzione contro la stregoneria durò circa quattrocento anni. Tra gli inizi del XIII fino al XVII secolo si calcola che siano state inquisite, incarcerate e torturate non meno di nove milioni di persone, di cui un quarto, o addirittura un terzo, finì sul rogo.
In Germania intorno al 1590, i cattolici tedeschi bruciarono tutte le donne di due interi villaggi della periferia di Treviri. A Colonia, tra il 1627 e il 1630, le levatrici della città furono quasi tutte eliminate.
In Francia, nel solo distretto di Saint Claude, il magistrato Boguet fece bruciare oltre 1500 streghe, mentre in Lorena un altro procuratore generale, Nicole Remy, riuscì a far condannare a morte 800 persone in cinque anni.
In Spagna l’inquisitore Tomas de Torquemada ne fece ardere 6.687 solo nell’anno 1486 e unicamente nella città di Toledo. A lui si attribuiscono almeno 10.000 vittime l’anno per un quindicennio.
In Italia si registrano persecuzioni di massa in Valcamonica, in Valtellina, nell’area del Tonale, presso i territori di Brescia e Bergamo. L’inquisizione italiana, nella sola Lombardia, nei primi 30 anni del XV secolo, riuscì a mietere non meno di 25.000 vittime.
Altre zone furono colpite la Stiria e il Tirolo austriaco, la Scozia calvinista, l’Inghilterra dell’Essex (la vittima più illustre degli inglesi fu Giovanna d’Arco nel 1431), le Fiandre, la Polonia, la Svizzera, la Svezia, la Danimarca, la Norvegia. In generale non vi fu regione d’Europa dove il numero delle streghe bruciate scenda sotto il migliaio.