Tarocco, Unde Venis?
I Tarocchi sono un sistema strutturato di immagini magiche.
Non si conosce precisamente la loro origine, anche se le prove storiche ci portano al periodo di poco precedente al 1450. Secondo alcuni, tuttavia, i Tarocchi sono molto più antichi e affondano le loro radici nell’antico Egitto.
Sebbene molte figure siano immagini archetipiche, le caratteristiche del sistema dei Tarocchi indicano che si tratta di un manufatto del periodo rinascimentale, con profonde radici nei giochi di carte che, all’epoca, stavano diventando molto popolari.
E’ così che i Tarocchi sono giunti fino a noi: come parte di un gioco di carte.
Il gioco delle carte venne introdotto in Europa subito dopo il 1375: i primi riferimenti sembrano risalire al 1377, mentre la diffusione in tutta Europa avvenne entro il 1400.
Nel 1392, Carlo IV di Francia commissionò il disegno di un mazzo di carte. Non ci sono prove che si trattasse di Tarocchi ma, per qualche tempo, nella Bibliothèque Nationale, quelle carte vennero confuse con i Tarocchi Gringonneur della metà del XV secolo.

I mazzi di Tarocchi comprendono ventidue carte, in origine chiamate Trionfi (oggi detti Arcani Maggiori), nominati per la prima volta nel 1422; il termine “tarocchi” non compare prima del 1516.
Un’altra caratteristica dei Tarocchi, anche se molto meno conosciuta, riguarda l’introduzione della carta della Regina.
In origine le figure erano Re, Cavaliere e Fante. Solo nei Semi dei Tarocchi del Quattrocento venne introdotta la Regina che, nel corso del tempo, nei mazzi moderni di carte da gioco, ha sostituito il Cavaliere presente nelle carte del Trecento.
I Semi, in origine, erano Spade, Bastoni, Coppe e Denari.
Quando il gioco delle carte si diffuse in Francia, Svizzera e Germania, vennero introdotte delle modifiche accettate a livello nazionale.
I Semi di Foglie, Ghiande, Cuori e Campanelli delle carte tedesche, insieme a quelli di Scudi, Ghiande, Rose e Campanelli delle carte svizzere, comparvero tra il 1430 e il 1460.
I Semi Picche, Fiori, Cuori e Quadri delle odierne carte francesi, apparvero per la prima volta nel 1480.
I Semi associati alle carte dei Tarocchi sono quelli italiani (Spade, Bastoni, Coppe, Denari); sembrano aver avuto origine dalla dominazione turca in Egitto, con possibili radici in Persia o perfino in India.
Alcune carte da gioco al Museo di Istanbul presentano dei semi di Spade ricurve o Scimitarre, Coppe, Denari e Bastoni curvi, che potrebbero derivare dalle mazze da polo.
Nella tradizione italiana del disegno dei Semi, esiste una forte tendenza a raffigurare Spade e Bastoni ricurvi, con estremità a spatola, il che potrebbe derivare dalle carte degli egiziani mammalucchi, importate probabilmente attraverso Venezia.
In esse compaiono tre Figure, ma disegnate in modo astratto a causa dell’iconoclastia musulmana che proibiva la riproduzione grafica di figure umane.
La teoria comune secondo cui furono gli zingari a portare in Europa sia le carte da gioco che i Tarocchi non sembra molto fondata: gli zingari non arrivarono nel vecchio continente prima del 1417, periodo in cui il gioco delle carte era già noto da quarant’anni.
Inoltre, la prima citazione dei Trionfi, sebbene di poco più tarda, sembra associata ai circoli degli aristocratici.
In tutti i riferimenti agli zingari precedenti al XIX secolo, non si trova alcuna menzione del fatto che predicessero la sorte attraverso le carte. La loro particolare specialità era invece la chiromanzia.
In effetti, la predizione della fortuna con le carte non sembra aver avuto luogo prima della metà del XVIII secolo, e l’utilizzo successivo da parte degli zingari sembrerebbe essere stato il risultato dell’influenza avuta su di loro, e non il contrario.
Il primo mazzo di Tarocchi risale all’incirca al 1450. In questo periodo la meditazione sulle immagini magiche era oggetto di grande interesse, a causa della traduzione delle opere ermetiche greche, effettuata da Marsilio Ficino sotto il patrocinio di Cosimo de Medici.
Si pensa che numerose opere di Botticelli siano state commissionate con intenti magici. Si potrebbero citare la Primavera, la Nascita di Venere e Venere e Marte come esempi di quadri con possibili riferimenti magici, mentre per la sua Fortezza, ovvero la Forza, Botticelli potrebbe essersi ispirato proprio ai Trionfi dei Tarocchi.

I mazzi sono di grande interesse sia storico, sia artistico, per la bellezza delle loro illustrazioni realizzate con materiali preziosi e che, in alcuni casi, si ritiene ritraggano membri delle famiglie Visconti e Sforza, sia socio-culturale, per il legame con le due dinastie che governarono Milano e la Lombardia a partire dal XIII secolo.
Le carte dei Visconti-Sforza sono un esempio tipico dei numerosi mazzi di lusso, dipinti a mano e decorati in foglia d’oro. Perfino nelle mani dei principi più ricchi e amanti dello sfarzo sembra improbabile che fossero utilizzati per giocare a carte.
Se si fosse trattato di oggetti d’arte ideati per essere esposti – e pare che fossero molto popolari come doni di nozze – avrebbero potuto essere usati anche per la meditazione, come immagini magiche, da parte di coloro che erano a conoscenza della loro valenza esoterica.
Perfino i papi, a quei tempi, si interessavano di magia, a volte con discreto entusiasmo.
Uno dei metodi di magia naturale raccomandati da Marsilio Ficino, consiste nel collocare in certi disegni o configurazioni determinati simboli, per contrastare le forze astrologiche infauste. I Trionfi dei Tarocchi sarebbero stati delle figure ideali da utilizzare a questo scopo.
Comunque, tra il 1450 e il 1480, vi sono prove evidenti del fatto che, qualunque fosse il loro possibile utilizzo magico, i Trionfi erano entrati definitivamente in uso come carte da gioco.
Un documento noto come Manoscritto Steele, risalente a quel periodo, riporta il sermone di un prete domenicano contro i mali del gioco d’azzardo; in tale sermone si elencano, in sequenza numerata, gli Onori dei Tarocchi.
Vale la pena riportare quell’elenco, perché esso conferma che allora si utilizzavano le stesse immagini che sono arrivate fino ai giorni nostri. Scopriamo anche che si trovavano in una successione diversa rispetto a quella più tarda:
1.El bagatella 2.Imperatrix 3).Imperator 4.La papessa 5.El papa 6.La temperantia 7.L’amore 8.Lo caro triomphale 9.La forteza 10.La rotta 11.El gobbo 12.Lo impichato 13.La morte 14.El diavolo 15.La sagitta 16.La stella 17.La luna 18.El sole 19.Lo angelo 20.La iusticia 21.El mondo 22.El matto sine nulla.
Questa sequenza numerata è interessante perché costituisce l’unica prova di cui disponiamo dei nomi e dei numeri degli Onori in uso a quei tempi, che non appaiono sulle prime carte dipinte a mano, né nei primi mazzi stampati risalenti all’incirca al 1475.
Nella principale tradizione di disegni di carte dei Tarocchi, il primo mazzo non italiano che ci rimane è il mazzo Catelin de Geofroy del 1557. Si tratta di un manufatto stravagante, copiato da un mazzo di lusso disegnato dall’illustre incisore Virgil Solis nel 1544, con soltanto tre semi – leoni, falconi e pavoni – e con soli sette Trionfi sopravvissuti. Tuttavia, questo mazzo frammentario è storicamente rilevante: i suoi Trionfi sono numerati secondo la sequenza che ai giorni nostri è diventata la norma.
Tra il 1500 e il 1750 la storia dei Tarocchi coincide, per lo più, con quella delle carte da gioco popolari.
Sebbene il gioco abbia avuto origine in Italia, la Francia divenne il paese di maggiore produzione di carte, con Rouen e Lione noti come centri di esportazione dei mazzi in Spagna, Inghilterra, Portogallo, Svizzera e nelle Fiandre, nel tardo XVI secolo.
I registri delle tasse ci forniscono una chiara indicazione dell’importanza di quell’industria: nel 1595 le carte venivano prodotte a Parigi e nel 1599 a Nancy. Nel 1608 i produttori di Lione provarono a far sopprimere la crescente industria rivale di Marsiglia. Tuttavia, nel 1631 Marsiglia ricevette un editto reale per le sue attività e divenne il principale centro di produzione di carte, che esportava perfino in Italia. È così che i Tarocchi di Marsiglia divennero un modello moderno ampiamente accettato.
Nel 1622 un gesuita commentava che in Francia si giocava più ai Tarocchi che agli scacchi; a quel tempo l’industria era così bersagliata da leggi sulle tasse che alcuni imprenditori abbandonarono la Francia per aprire fabbriche in Svizzera, nella Savoia e perfino in Inghilterra. Nel 1600 il gioco si era già diffuso in Svizzera, probabilmente a partire dal 1515, e certamente nel 1650 era ben noto anche in Germania.
Nel 1664 dal Nord Italia aveva raggiunto la Sicilia passando per Roma.
Prove dell’ascesa e del declino della popolarità del gioco delle carte sono rintracciabili nelle riedizioni del libro francese di giochi intitolato La Maison académique des jeux.
Nella seconda edizione, del 1659, viene fornita una descrizione dettagliata del gioco dei Tarocchi, che continua a comparire nelle edizioni successive, fino al 1718, quando invece viene saltata. Proprio il 1718 è l’anno di produzione del primo mazzo di Tarocchi di Marsiglia ancora esistente.
Le regole dei Tarocchi appaiono soltanto sporadicamente nelle successive edizioni del libro francese sui giochi, mentre nel 1726 vengono descritte come carte obsolete. Tuttavia, questo riflette solamente l’uso nella società parigina e nella Francia settentrionale, in quanto il gioco continuò a essere popolare nel Sud della Francia, in Italia, Germania e Svizzera.
Court de Gebelin e i Tarocchi
Per tale motivo Court de Gebelin, nel suo libro del 1781, osservò a ragione che i Tarocchi erano praticamente sconosciuti a Parigi. Tale libro è di importanza fondamentale nello sviluppo delle tradizioni esoteriche dei Tarocchi.
Nell’ottavo volume del suo Le Monde Primitif, l’autore affermava che i Tarocchi sarebbero i resti di un antico libro egiziano di sapienza segreta. Court de Gebelin (1719-1784) era un pastore protestante nato a Ginevra e molto interessato all’occultismo.
Negli anni ’70 del 1700 divenne massone e membro dell’Ordine dei Filaleti, una branca dell’Ordine degli Eletti Cohen fondato da Martines de Pasqually (morto nel 1774).
Pertanto, le osservazioni di Court de Gebelin sui Tarocchi potrebbero non essere interamente originali, ma derivate dalla rivelazione di una tradizione esoterica diffusa tra le confraternite segrete del XVIII secolo.
Nel nono volume del suo Le Monde Primitif Court de Gebelin avanzava l’ipotesi di un’età dell’oro originaria, un’idea affatto ignota alle tradizioni del mondo antico. Giustificò questa teoria attraverso l’interpretazione allegorica dei miti e lo studio etimologico del linguaggio. Nell’ambito di questo grande progetto, citò il gioco dei Tarocchi come esempio sopravvissuto di sapienza antica. Egli affermava che:
- il simbolismo aveva origine dall’antico Egitto;
- i sacerdoti egizi avevano trasformato questi simboli in carte da gioco per conservarli nei secoli;
- tale simbolismo dagli egizi era passato alla Roma imperiale e attraverso i papi ad Avignone, da dove si era diffuso in Provenza;
- la parola taro deriva dalle parole in egiziano antico tar, “via” e ro, ros, rog, “reale”;
- i ventidue Onori corrispondono alle ventidue lettere dell’alfabeto ebraico.
A questa parte di Le Monde Primitif, Court de Gebelin allegò il saggio di un anonimo M. le Comte de M***, che sosteneva la teoria dell’origine dei Tarocchi nell’antico Egitto e anzi:
- si riferiva a essi come al Libro di Thot;
- faceva derivare la parola Tarocchi dalla lingua egizia, con il significato di “dottrina o scienza di Thot”;
- affermava che i Tarocchi arrivarono in Europa attraverso la Spagna con i musulmani, e da lì vennero portati in Germania dalle truppe di Carlo Magno;
- associava i Tarocchi alla predizione della fortuna, descritta come un’antica pratica egizia;
- tracciava una corrispondenza tra le carte e le lettere ebraiche come parte integrante del metodo cartomantico.
Nella sua introduzione a questo saggio, Court de Gebelin afferma anche che gruppi di egiziani noti come Boemi portarono le carte in giro per l’Europa.
È questa l’origine della teoria che collega le carte agli zingari. Fornì anche delle illustrazioni degli Onori dei Tarocchi e degli Assi, ma si tratta di copie grossolane dei Tarocchi di Marsiglia fatte da un artista amatoriale suo amico.
A essere onesti, Court de Gebelin è per lo più un’amabile fonte di pettegolezzi ottocenteschi di grande erudizione, ma la pubblicazione delle sue affermazioni generò un enorme interesse per i Tarocchi, in particolare come mezzo per predire la fortuna.
I Tarocchi di Etteilla

Questa fama venne sfruttata appieno da un cartomante, astrologo, interprete di sogni e fabbricante di talismani professionista, noto come Etteilla, pseudonimo ricavato dall’inversione del suo vero nome, Alliette. Etteilla fu forse uno dei primi a leggere le carte, pratica che dilagò nella Parigi prerivoluzionaria e continuò fino al periodo napoleonico. Prima dei Tarocchi aveva utilizzato un mazzo di carte convenzionali per il gioco del piquet, spiegando il proprio metodo in un libro pubblicato nel 1770, che ebbe anche diverse edizioni.
Dopo l’interesse per i Tarocchi suscitato da Court de Gebelin, Etteilla non tardò a introdurre un metodo per predire la fortuna utilizzando appunto i Tarocchi e, seguendo l’esempio del misterioso M. le Comte de M***, chiamò la sua opera il Libro di Thot. Dopodiché fece uscire una serie di opuscoli in cui approfondiva l’argomento e sosteneva di conoscere da molto tempo il significato esoterico dei Tarocchi. Affermava di averli studiati dal 1757 al 1765 su invito di un vecchio piemontese che gli aveva passato degli appunti. In quelle carte ci si riferiva ai Tarocchi come al libro egizio compilato da un gruppo di magi presieduto da Ermete Trismegisto subito dopo il Diluvio. Gli originali erano stati incisi su foglie d’oro e depositati in un tempio a Menfi.
In seguito Etteilla fece delle “rettifiche” ai disegni dei Tarocchi esistenti, per portarli in linea con le sue idee di significato esoterico autentico. Per gli scrittori dell’occulto fu l’inizio di una tradizione che proliferò sempre di più. Ad esempio, Etteilla stabilì che la ghirlanda ovale attorno alla figura centrale dell’Onore del Mondo dovesse essere un Oroboro – il simbolo dell’eternità, un serpente che si morde la coda – e seguì Court de Gibelin nel capovolgere l’Appeso e chiamare la carta Prudenza. Pare infatti che Court de Gibelin avesse preso questa idea da un mazzo belga in cui un produttore distratto aveva commesso tale errore di inversione. Per di più, colse l’occasione per introdurre la quarta virtù cardinale negli Onori (Giustizia, Temperanza e Fortitudine erano già presenti), descrivendo la figura come un «uomo eretto che ha un piede davanti all’altro, pronto a fare un passo e a esaminare il punto sul quale poggerà. Il titolo di questa carta pertanto è l’uomo dal piede sospeso, pede suspenso».
Dal 1783, Etteilla pubblicizzò la vendita dei suoi mazzi “corretti” che, sebbene non siano sopravvissuti, vengono ben descritti nei suoi libri; ciò portò i suoi seguaci a pubblicare altri mazzi modificati dopo la sua morte, avvenuta nel 1791. Il Primo Grande Mazzo di Etteilla apparve all’incirca nel 1800, il Secondo e il Terzo negli anni ‘40 dell’Ottocento. Se ne possono ancora trovare in commercio, ma la fertile immaginazione di Etteilla presto perse ogni connessione con i Tarocchi originali, facendo della sua opera un sistema di divinazione piuttosto stravagante.
I Tarocchi nell’Esoterismo
Il suo esempio venne seguito da un’intera generazione di chiaroveggenti dell’alta società praticanti di cartomanzia. La più celebrata tra di loro fu Madamoiselle Marie-Anne Adelaide Lenormand (morta nel 1843) che sosteneva di godere del patronato dell’Imperatrice Giuseppina. Dal 1825 vennero pubblicati molti mazzi per predire la fortuna e, sebbene si dichiarasse che discendevano dai Tarocchi, in genere il collegamento con questi era molto labile. I mazzi erano spesso accompagnati da un’ampia letteratura dai contenuti effimeri, usanza che durò all’incirca fino al 1875.
Una continuazione più seria della tradizione esoterica dei Tarocchi si trova nelle opere di Alphonse Louis Constant (1810-75), che scrisse con lo pseudonimo di Eliphas Lévi. Dogma e rituale dell’alta magia apparve nel 1855-6, Storia della magia nel 1860, La chiave dei misteri nel 1861 e La scienza dello spirito nel 1865. Come Court de Gebelin, Lévi considerava i Tarocchi un libro di sapienza antica, che chiamava il Libro di Ermes e riteneva provenire da un tempo molto precedente a quello di Mosè, addirittura dal patriarca Enoch.
Dedicava scarsa attenzione a Etteilla e alla pletora di mazzi contemporanei per predire la fortuna e insisteva invece sulla necessità di ritornare ai Tarocchi di Marsiglia. Lévi collegava i ventidue Onori alle ventidue lettere dell’alfabeto ebraico, e le dieci carte numerate di ogni seme alle dieci Sefiroth dell’albero della vita. Considerava le Figure come delle rappresentazioni delle fasi della vita umana e collegava i quattro semi alle quattro lettere del Sacro Nome di Dio. Accettava la sequenza di Onori dei Tarocchi di Marsiglia, ma collocava il Matto tra il XX e il XXI Onore. Espresse anche il desiderio di pubblicare un mazzo di Tarocchi di Marsiglia ritoccato con contenuti esoterici, ma non riuscì mai a realizzare questa aspirazione.
Nel 1852 venne avvicinato da uno scrittore ed ex bibliotecario di nome Jean-Baptiste Pitois (1811-77) che prese lezioni da lui e in seguito, nel 1863, con lo pseudonimo di Paul Christian, scrisse L’homme rouge des Tuileries. L’opera aveva la struttura di un presunto manoscritto di un vecchio monaco, copiato da un breviario che si rifaceva a settantotto foglie d’oro disposte in un grande cerchio in un tempio egizio a Menfi. Non si trova alcun accenno alla corrispondenza con le lettere dell’alfabeto ebraico, sebbene si pensi che le Figure fossero conosciute dai rabbini come Oracolo Samaritano. Ovviamente, si tratta dei Tarocchi, anche se presentati con un’altisonante e misteriosa nomenclatura che in larga parte deriva da presupposizioni egizie.
I.Il Mago -II.La Porta del Santuario III.Iside Urania -IV.La Pietra Cubica V.Maestro dei Misteri degli Arcani -VI.Le Due Strade -VII.Il Carro di Osiride VIII.Themis, o La Bilancia e la Lama -IX.La Lampada Velata -X.La Sfinge -XI.Il Leone imbrigliato o domato -XII.Il Sacrificio -XIII.Lo Scheletro Mietitore o Falce -XIV.Le Due Urne o Genio del Sole -XV.Tifone -XVI.La Torre Decapitata o il Faro Fulminato -XVII.La Torre dei Magi -XVIII.Il Crepuscolo -XIX.La Luce Ardente -XX.Il Risveglio dei Morti o Genio della Morte O Il Coccodrillo -XXI.La Corona dei Magi.
Si osserverà che la sequenza segue quella di Eliphas Lévi. Nel 1870, Paul Christian pubblicò A History of Magic, in cui descrive una cerimonia di iniziazione sotto le piramidi dell’antico Egitto. Il candidato viene fatto salire per settantotto gradini, poi attraversa una stanza con le immagini degli Onori dei Tarocchi.
Per quanto fantasioso possa essere in termini storici, nondimeno il resoconto si caratterizza come potente esercizio di visualizzazione creativa o di percorso iniziatico. Quindi, per coloro che si occupano di occultismo pratico le sue idee non dovrebbero essere liquidate con leggerezza, perché potrebbero fornire indizi sulla prassi occulta di alcune confraternite segrete del XIX secolo e di altre società antecedenti.
Nelle opere pubblicate sui Tarocchi vi è una fase di stasi fino al 1888, quando Eugène Jacob, marito di una cartomante professionista, dedicò cinquanta pagine all’argomento in un’opera astrologica scritta con lo pseudonimo di Ely Star. Segue abbastanza da vicino Paul Christian, ma colloca il Coccodrillo (Il Matto) alla fine della sequenza di tutti gli Onori, assegnandogli il numero XXII.
Il 1888 fu un anno importante anche per altri due motivi. Vide infatti la fondazione di due influenti società occulte: l’Ordine Cabalistico dei Rosa Croce in Francia e l’Ordine Ermetico dell’Alba Dorata in Inghilterra. L’Ordine francese venne fondato dal marchese Stanislaus de Guaita (1861-97), grande ammiratore di Eliphas Lévi. Nel 1887 il marchese incontrò un artista amatoriale di nome Oswald Wirth (1860-1943) con cui decise di realizzare l’intenzione espressa da Lévi di «restituire ai ventidue Arcani dei Tarocchi la loro purezza geroglifica». Nel 1889 venne pubblicata un’edizione di 350 copie degli Onori, che erano numerati da 0 a 21 e recavano l’indicazione della lettera ebraica corrispondente a ciascuno, secondo il sistema di Eliphas Lévi. Il disegno seguiva lo schema marsigliese ma con alcune modifiche esoteriche.
Il dottor Gerard Encausse, cofondatore della società di Stanislaus de Guaita, utilizzò le illustrazioni di Oswald Wirth insieme a quelle del mazzo marsigliese nella prima pubblicazione dedicata esclusivamente ai Tarocchi, che si intitolava Le Tarot des Bohèmiens, apparsa nel 1889 e firmata con lo pseudonimo di Papus. Il metodo di interpretazione è numerologico, ovvero si basa sul quadruplice simbolismo del Tetragramma, il Sacro Nome di Dio, ed è influenzato sia da Eliphas Lévi che da Paul Christian.
Un’altra opera pubblicata in Francia prima della fine del secolo fu quella di R. Falconnier, un attore della Comédie Française entusiasta dei Tarocchi egizianizzati. In realtà, il titolo completo del libro, pubblicato nel 1896, dice già tutto: Les XXII lames hermetiques du tarot divinatoire, exactement reconstituées d’après les textes sacrés et selon la tradition des mages de l’ancienne Egypte («Le XXII lame ermetiche dei tarocchi divinatori, ricostruzione esatta secondo i testi sacri e la tradizione dei magi dell’antico Egitto»). I disegni delle carte furono tratti dagli affreschi originali e dai bassorilievi del Louvre e del British Museum, ma nondimeno mantengono un gusto molto francese.
Nello stesso filone, nel 1897 venne pubblicato Tarot Hieroglyphique Egyptien da Madame Dulora de la Haye: soltanto ventidue carte con un testo esplicativo incorporato nelle immagini, che in effetti sono un miscuglio di Etteilla e dei Tarocchi di Marsiglia.
L’interesse per i Tarocchi da parte degli inglesi potrebbe benissimo essere stato stimolato direttamente da Eliphas Lévi, che visitò l’Inghilterra nel 1854, ritornandovi poi nel 1861; sono infatti noti i suoi contatti con individui che in seguito divennero membri prominenti della Società Rosacrociana in Anglia, fondata nel 1866: Lord Lytton (1802-73) e Kenneth Mackenzie (1833-86). Mackenzie era particolarmente interessato ai Tarocchi; ne discusse con Lévi e scrisse un libro sull’argomento che comunque non venne mai pubblicato. Ebbe un’importante influenza sul dottor William Wynn Westcott (1848-1925), uno dei fondatori dell’Ordine Ermetico dell’Alba Dorata.
I Tarocchi ebbero un ruolo importante nel curriculum dell’Alba Dorata, sebbene Le Carte della Conoscenza probabilmente fossero opera di un altro membro fondatore, Samuel Liddell MacGregor Mathers (1854-1917), il quale nel 1888 aveva pubblicato un opuscolo in cui faceva riferimento alle autorità occulte francesi in materia di Tarocchi e utilizzava la sequenza e la numerazione degli Onori promulgata da Eliphas Lévi. Per lo più si trattava di un libro di istruzioni elementari sulla divinazione, ma è interessante il fatto che utilizzasse una sequenza diversa da quella presente negli scritti dell’Alba Dorata.
Le opere di Eliphas Lévi furono tradotte in inglese da A.E. Waite, che nel 1892 aveva già tradotto Tarot of the Bohemiens di Papus. Dogma e Rituale di Lévi venne tradotto nel 1896 come Trascendental Magic, insieme a un’altra opera, altrimenti inedita, di Lévi sui Tarocchi, il Sanctum Regnum. La traduzione recava la prefazione del dottor Westcott, in cui si affermava che la sequenza di Lévi, Christian e Papus e l’attribuzione delle lettere ebraiche erano errate. Westcott asseriva inoltre che si trattava di una copertura per proteggere la tradizione segreta dalla profanazione da parte dei non iniziati e dichiarava di aver visto un manoscritto di oltre centocinquant’anni che forniva la versione corretta in codice.
Questo genere di portentosa segretezza e di mistero nel mistero era tipica dei leader dell’Alba Dorata. Il fatto che un tale documento esistesse veramente è aperto a ogni tipo di congettura. Potrebbe anche essere stata soltanto un’altra “copertura”. Quantomeno, esistono delle prove circostanziali che fanno pensare che l’Ordine Ermetico dell’Alba Dorata e la Società rosacrociana in Anglia fossero state influenzate, o fossero addirittura derivate, dalla tradizione rosacrociana tedesca. Questo spiegherebbe le differenze con la tradizione francese. Nonostante il fatto che tutte le opere sui Tarocchi esoterici pubblicate nel corso del diciannovesimo secolo fossero francesi, gli occultisti britannici si ostinarono a rifiutare, prima in privato e poi pubblicamente, il sistema di corrispondenze francese.
Un evento importante per l’esegesi dei Tarocchi avvenne nel 1910 con la pubblicazione di Key to the Tarot di A.E. Waite insieme a un mazzo completo di carte in stile esoterico. denomitato Rider-Waite (Rider era il nome dell’editore) Queste presentavano immagini innovative delle carte numerate e anche degli Onori. Il mazzo incorporava il sistema di attribuzioni e la sequenza utilizzate dall’Alba Dorata ed ebbe una notevole influenza sulla progettazione di numerosi mazzi esoterici successivi.
Waite era stato un membro dell’Alba Dorata per un breve periodo, dal 1891 al 1892, e di nuovo dal 1896, finché nel 1903 ne assunse il controllo in un periodo in cui la società cominciava a frammentarsi in fazioni. Sciolse la sua parte dell’Ordine nel 1914 e l’anno successivo fondò un nuovo gruppo, la Compagnia dei Veri Rosa Croce.
Un altro membro dell’Alba Dorata che svolse un ruolo importante nello sviluppo delle idee esoteriche sui Tarocchi fu Aleister Crowley (1875-1945). Questi si unì all’Ordine nel 1898, nel 1907 formò un proprio gruppo e nel 1912 pubblicò uno studio sui Tarocchi nella sua rivista The Equinox.
Comunque, il suo contributo più rilevante venne divulgato nel 1944 con la pubblicazione di uno studio completo sulle carte intitolato Il Libro di Thot, insieme a un mazzo di carte estremamente originali create con grande competenza artistica da Lady Frida Harris. Il mazzo in generale si basa sul sistema dell’Alba Dorata, ma prevede alcuni sviluppi stravaganti di considerevole complessità e sottigliezza.
Negli Stati Uniti si rimase più aderenti alla corrente principale della tradizione dell’Alba Dorata attraverso l’opera di Paul Case (1884-1954), che in origine aveva capeggiato il tempio dell’Ordine a Chicago. In seguito egli fondò il proprio gruppo, The Builders of the Adytum (B.O.T.A.) che ancora opera a Los Angeles. Pubblicò The Tarot nel 1927 e un mazzo di carte nel 1931, con una versione moderna dei disegni degli Onori di Waite in bianco e nero, in modo che chi li studiava potesse personalizzarli colorandoli. Inoltre ritornò alla vecchia tradizione degli schemi geometrici per raffigurare i semi delle carte.
Fino ad allora la conoscenza principale dei Tarocchi negli Stati Uniti era avvenuta grazie alla traduzione di Papus effettuata da A.E. Waite, che attraversò l’Atlantico nel 1910, e alle copie delle carte di Waite pubblicate dalla Laurence Publishing Company nel 1918.
Anche Manley P. Hall scrisse con perizia di Tarocchi nel suo monumentale An Encyclopedic Outline of Masonic, Hermetic, Qabbalistic and Rosicrucian Symbolical Philosophy del 1928, oggi noto come The Secret Teachings of All Ages. Da questo progetto derivò una nuova serie di disegni a opera del suo artista di fiducia, J. Augustus Knapp, i quali in generale seguono la tradizione marsigliese rettificata influenzata da Oswald Wirth. In Francia, una versione nuova e rivista del mazzo di Wirth venne pubblicata nel 1926.
Un altro promulgatore americano dei Tarocchi fu Elbert Bejamine, il cui Sacred Tarot del 1936 seguiva la tradizione francese egiziana di Falconnier, con corrispondenze cabalistiche ben ponderate ma eccentriche.
Dal 1937 al 1940, il sistema dell’Alba Dorata venne rivelato al pubblico americano e al mondo in quattro volumi degli scritti dell’Ordine, pubblicati da Israel Regardie (1907-85). Per i membri dell’Alba Dorata era prassi copiare la propria sequenza di carte da un’unica serie maestra. In questo modo Regardie aveva creato la propria serie nel 1923, quando ormai erano state introdotte alcune modifiche. Tuttavia, nel 1977, con Robert Wang a occuparsi del lavoro artistico, Regardie pubblicò una copia del suo mazzo, che venne modificato per essere il più vicino possibile alla serie maestra originale dell’Alba Dorata.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale ci fu una lacuna di vent’anni nell’esegesi dei Tarocchi, fatta eccezione per un piccolo libro di Frank Lind e una serie di carte di tipo tradizionale pubblicata con un corso in sei lezioni dall’Insight Institute.
Agli inizi degli anni ‘60 era molto difficile reperire un mazzo di carte dei Tarocchi. Perfino i mazzi marsigliesi non si trovavano senza viaggiare nelle parti d’Europa dove era ancora in uso quel gioco. Key to the Tarot di A.E. Waite, così come le opere di Regardie, Crowley e di altri, erano rarità, appannaggio del mercato dei libri usati.
Dal 1970 lo scenario si è totalmente trasformato. C’è stato un aumento esponenziale di libri pubblicati su questo argomento e anche di mazzi esoterici, insieme alle ristampe di gran parte delle vecchie versioni. Oggi, una folta schiera di mazzi specializzati soddisfa ogni tipo di gusto. Ci sono mazzi progettati per attrarre gli studiosi di stregoneria, buddhismo tibetano, astrologia, leggende Maya, e perfino amanti del fantasy. Senza dubbio molti di questi si riveleranno delle creazioni effimere, ma una tale ondata di pubblicazioni sui Tarocchi indica una risposta a un’esigenza moderna.