Il termine Darshana deriva dalla radice “drish” che significa vedere. Può indicare la veduta stessa, intesa come punto di vista. In qualità di aggettivo, questa parola indica “ciò che mostra”, “ciò che rivela”.
Le Darshana sono interpretazioni dei Veda e rappresentano diversi punti di vista della dottrina.
Non sono affatto dei sistemi filosofici concorrenti e opposti, frutto dell’individualismo intellettuale, ma sono punti di vista della stessa tradizione, tutti altrettanto validi e vicendevolmente complementari. La totalità di tutti i possibili punti di vista è contenuta nella dottrina stessa, così come la pluralità dei significati.
Pur riferendosi tutte ai Veda, le sei Darshana sono totalmente diverse tra loro. Del resto, se ogni libro dicesse esattamente le stesse cose e prendesse in considerazione allo stesso modo ogni argomento, perché scriverne più di uno? Ogni Darshana, è come un capitolo di uno stesso libro, e va in direzione del medesimo fine.
Le Darshana non sono filosofie, e tanto meno sono da considerarsi frutto dell’originalità di menti individuali particolarmente eccelse. Infatti in India, così come in Cina, una delle offese più gravi che si possano rivolgere ad un pensatore, è proprio considerare l’unicità e l’originalità delle idee, il che priverebbe l’opera di ogni portata effettiva.
Il pensiero individuale viene considerato una mera attività della mente individuale, mentre il concepire idee di un certo rilievo è dovuto proprio alla sospensione del pensiero individuale, e al conseguente accesso ad un livello di coscienza superiore, e dunque sovra-individuale.
Vi sono stati individui che si sono dedicati allo studio di una Darshana in particolare, e ciò ha dato origine a scuole che si distinguono per qualche interpretazione peculiare, ma non hanno mai valicato i confini dell’ortodossia. Inoltre, un punto di vista non è mai stato proprietà esclusiva di una scuola.
Si può dunque affermare che le Darshana siano i punti di vista fondamentali, a cui altri possono venire subordinati, e quindi esserne secondari.
Secondo la classificazione ammessa in India, le sei Darshana, possono essere elencate a coppie nell’ordine seguente, per sottolinearne le affinità: le prime 2 sono analitiche, le altre 4 sono sintetiche, e infine le ultime 2 sono dei Veda, quindi non si sono mai formate teorie eterodosse a riguardo, come invece è avvenuto per le prime 4 Darshana.
Le sei Darshana sono:
- Nyaya: complementare al Vaisheshika. E’ un sistema di indagine metodico, logico e razionale, molto simile alla logica aristotelica ma differente in quanto considera come scopo della conoscenza acquisita la liberazione dalla sofferenza.
- Vaisheshika: complementare al Nyaya. E’ un sistema di indagine analitico che definisce i caratteri generali delle cose osservate e postula sei categorie (padartha) tramite le quali “classifica” la molteplicità della manifestazione: sostanza (dravya), qualità (guna), azione (karman), generalità (sāmānyaeicesnifde ), particolarità (viśeṣa), inerenza (samavaya). Come per ogni altra Darshana, la sua ricerca della verità delle cose è sempre rivolta a liberare la coscienza dell’individuo imprigionata nell’ignoranza.
- Samkhya: complementare allo Yoga. Pur essendo una Darshana ateistica in quanto non contempla la divinità come oggetto di indagine, è la Darshana più influente sul pensiero religioso induista in quanto tratta la cosmologia e il conseguente dualismo tra ciò che è spirituale e ciò che è materiale.
- Yoga: complementare del Samkhya. Tratta le pratiche ascetiche e meditative atte a conseguire la realizzazione e la salvezza spirituale.
- Mimamsa: complementare al Vedanta. E’ la più antica delle Darshana, e i suoi aforismi si riferiscono direttamente ai Veda. Il termine significa “riflessione profonda”. Tratta i Mantra e i Brahmana dei Veda, occupandosi dell’aspetto attivo e ritualistico.
- Vedanta: complementare alla Mimamsa. Il Vedanta è divenuto la base delle moderne scuole di Induismo. Il nome di questa Darshana era in origine “Uttara Mimamsa” che significa “riflessione posteriore”. Il termine Vedanta significa invece “fine dei Veda”, e fa riferimento alle Upanisad.