Nome
Il quarto Chakra è chiamato Anahata perché è in questo luogo che i Muni odono il suono detto Anahata Shabda, il suono senza causa.
Si tratta del mistico suono ottenuto senza percussione, cioè senza l’urto di due cose tra loro. Ciò è in riferimento all’eco della prima vibrazione dell’universo in procinto di manifestarsi. Il suono Shabdabrahman in Anahata Chakra è il Palpito della Vita.
Qui dimora il Purusha (jivatma). Qui vi è l’Albero che esaudisce tutti i desideri (Kalpataru), mentre al di sotto vi è l’Altare ingioiellato (Maniphita).
Simbolo
A livello figurativo, il Chakra del cuore è rappresentato da un loto composto da dodici petali di colore verde.
Ogni petalo evoca uno dei dodici turbamenti mentali che si pongono come ostacoli da superare. Essi sono: lussuria, inganno, indecisione, rimorso, speranza, ansia, desiderio, imparzialità, arroganza, incompetenza, pregiudizio, disobbedienza.
Mantra
In ogni petalo sono inserite delle lettere di colore vermiglio: KA, KHA, GA, GHA, NA, CA, CHA, JA, JHA, NA, TA e THA.
Mantra del Chakra Anahata
Descrizione
Nello Yantra di Anahata Chakra sono inscritti due triangoli sovrapposti, allusione all’unione ideale degli opposti: il maschile con il femminile, il mondo spirituale e il mondo materiale.
L’unione dei due triangoli forma una stella a sei punte. Questo è il centro del Vaju Tattva ed è di colore grigio fumo, perché circondato da masse di vapore.
Al centro della stella è scritto il Bijamantra YAM, sulla quale è posto un puntino, che indica la fonetica nasalizzata.
La lettera “ya” nasalizzata è il Bijamantra del dio Pavana, signore del vento e del respiro (Vaju), rappresentato come una divinità dal colore grigio fumo, con quattro braccia, il pungolo in una mano. La cavalcatura di questo Deva è un’antilope nera, che troviamo raffigurata nella punta più bassa dell’esagramma.
L’antilope nera è anche simbolo del dio-Luna Chandra, ma in relazione a Pavana Deva è simbolo di movimento e velocità.
Sopra l’antilope troviamo tre divinità.
La prima è il Governatore supremo dei primi tre Chakra, un aspetto del dio Shiva, rappresentato di colore bianco, con tre occhi e le due mani atteggiate nel gesto che dissipa la paura e in quello che elargisce doni.
Poi abbiamo Kakini Shakti, con quattro volti e quattro braccia.
I quattro volti rappresentano i quattro aspetti del sé individuale: sé fisico, sé razionale, sé sensuale e sé emotivo.
Nelle mani regge la spada che rappresenta il taglio degli ostacoli, lo scudo che rappresenta la protezione dalle condizioni mondane, il teschio che rappresenta il distacco dal corpo e, infine, il tridente rappresenta l’equilibrio tra conservazione, creazione e distruzione.
Inghirlandata di ossa umane, Kakini è ghiotta di riso e il suo cuore si addolcisce con il nettare dell’Amrita.
Infine abbiamo la Shakti, simboleggiata dal triangolo rivolto verso il basso in cui vi è il Bana Linga (o Shivalingam) “che luccica come l’oro”, “gioioso nell’impeto del desiderio”.
Questa è anche la sede dello Hamsa, inteso come Jivatma, simile ad “una fiamma che brilla costante in un luogo senza vento”. L’Atma è così definita perché, come la fiamma non è disturbata dal vento, così l’Atma non subisce le influenze del mondo esteriore.
Corrispondenze Psicologiche di Anahata Chakra
Stadio evolutivo: dai 4 ai 7 anni
Anahata Chakra si sviluppa quando viene abbandonato il totale egocentrismo del terzo Chakra e si comincia a dimostrare interesse per relazioni esterne a quelle primarie.
Tuttavia, bisogna tenere presente che i bambini interiorizzano le relazioni per imitazione. Dunque, l’esempio delle relazioni primarie con le figure genitoriali o i caregiver, verrà riprodotto nelle relazioni interpersonali nel corso della vita dell’individuo.
In questa fase, inoltre, avviene l’identificazione: il bambino adotta idee, attitudini, valori e comportamenti di altri, trasferendoli nei suoi modelli relazionali. Anche l’identificazione sessuale avviene in questa fase.
Istinto: iniziativa
Sviluppo della Personalità: l’Imago
Fin da bambini ci identifichiamo con le persone che si prendono cura di noi e con i loro valori. Il modo in cui ci trattano ci insegna che valore abbiamo come esseri umani e noi stessi assumiamo atteggiamenti che essi hanno verso di noi.
In questo modo si forma nella nostra psiche quelle che viene chiamata Imago. L’imago è la relazione interiorizzata con nostro padre e con nostra madre.
L’imago è una sorta di immagine composita che non viene formata dalla mente conscia. E’ come un’impronta tracciata nel nostro sistema nervoso da anni di costante interazione con la nostra famiglia. Essa determina le nostre reazioni, le difese, i comportamenti e le interpretazione degli eventi. In pratica, è parte integrante della nostra personalità.
Il rapporto con le forze archetipiche interiorizzate definisce il rapporto che l’individuo avrà con gli altri.
Le parti non integrate, invece, cercheranno altrove dei legami permanenti con la nostra personalità, finché saranno integrate.
La relazione interpersonale è il campo in cui tutti gli eventi vengono interpretati e, dunque, anche il terreno sul quale si manifestano i modelli relazionali interiorizzati, detti imago.
Le relazioni, chiaramente, sono situazioni complesse. Tuttavia, facciamo un esempio semplice di questo meccanismo.
Tutti gli atti di abuso si verificano nel contesto di una relazione. L’abuso fa sentire l’individuo indegno, non amabile, e la carenza d’amore in sé accrescerà ancora di più la vergogna. L’individuo può arrivare ad avere di sé un immagine simile a quella di un oggetto di disprezzo.
Il bambino abusato, timido e vergognoso, da grande cercherà qualcuno di irascibile, perché costui gli offrirà l’opportunità di recuperare la parte perduta di se stesso. Per compensazione, egli farà di tutto per cercare di piacere, di diventare degno d’amore, ma non servirà a nulla.
Ciò che gli mancherà davvero è un centro da cui gli altri possano essere attratti. Senza questo centro, nucleo della personalità, è come se l’individuo fosse privo di una sua gravità e fosse, dunque, incapace di attrarre.
Inoltre, dando tutto di sé per cercare di piacere, si è buttato via. Solo l’integrazione della parte repressa di se stesso, che in questo caso è proprio il nucleo centrale della personalità, cambierà l’individuo e, di conseguenza, il suo modello relazionale.
Identità sociale
Il bambino non interiorizza solamente la relazione che ha con i genitori, ma l’intero sistema familiare a cui appartiene.
In questo stadio, spesso i bambini si arrabbiano quando vengono alterate le routine familiare, cioè le abitudini che definiscono i ruoli all’interno del sistema familiare.
Ad esempio, i bambini possono non tollerare che qualcuno si sieda a tavola al posto loro, quando bisogna fare il bagno prima di cena invece che dopo, oppure quando va in frantumi la stabilità familiare.
I bambini desiderano che le relazioni rimangano stabili, costanti, in modo che il loro posto sia chiaro. Questo perché la sicurezza e l’identità derivano da relazioni stabili.
Quando le relazioni familiari sono discusse, minacciate o addirittura finiscono, come avviene in caso di separazione o di morte, il senso di sicurezza e lo sviluppo dell’identità sociale del bambino sono minati.
Lo sviluppo dell’identità sociale prepara il bambino a un’interazione più complessa col mondo, il che richiede un delicato equilibrio tra il mantenere e il rinunciare alla propria autonomia.
Il bambino la cui autonomia è debole tende ad essere trascinato da altri, definito dall’opinione altrui. Oppure, al contrario, può temere di perdere se stesso nel perdere la propria indipendenza nello stabilire legami affettivi.
Insieme all’identità sociale il bambino acquisisce anche l’identità sessuale. Ciò avviene quando i ruoli sessuali genitoriali vengono interiorizzati all’interno della psiche dell’individuo si creano gli archetipi del maschile e del femminile.
In termini junghiani, queste parti si chiamano rispettivamente animus e anima.
Si ritiene che l’anima si presenti preminentemente negli uomini, mentre l’animus ne è la controparte nelle donne. Comunque, ciascun individuo porta in sé entrambi gli archetipi.
Gli archetipi esistono anche all’esterno degli individui, come simboli nella coscienza collettiva, dove spesso diventano degli stereotipi.
Gli stereotipi sono versioni determinate dalla cultura degli archetipi originali – spesso immagini mutile che enfatizzano solamente una parte dell’archetipo sottostante.
Il nostro primo imprinting di questi archetipi ci è giunto da nostra madre e da nostro padre e tuttavia il loro comportamento è stato influenzato dagli stereotipi della loro epoca.
È importante rendersi conto che le immagini della mascolinità e della femminilità che ascriviamo all’animus e all’anima sono di origine culturale più che innate.
Se le immagini del mascolino e del femminino diventano fortemente polarizzate – nel senso che il mascolino è definito dall’assenza del femminino e viceversa – è probabile che l’anima o l’animus vengano repressi. In pratica, la personalità dell’individuo non permette all’archetipo interiore di emergere.
Ad esempio, un uomo che ha un’immagine di se stesso polarizzata, non manifesterà la sua parte femminile in nessun caso. L’anima, repressa, potrà rivelarsi come immagini terrificanti nei sogni, come depressione o malumore.
Quando l’uomo polarizzato troverà una compagna, proietterà inconsciamente l’anima repressa sulla sua ragazza. A lei sarà dato il compito di portare l’anima per lui, accollandosi tutta la parte sentimentale e di sostegno e mantenendo l’equilibrio emotivo nella relazione.
Lo stesso accade quando è una donna ad avere un’immagine di sé polarizzata, solo che in questo caso sarà l’animus ad essere represso e proiettato sul compagno.
Come l’ombra, l’anima o l’animus inconsci vengono proiettati sugli altri, spesso in modalità idealizzate, devastando le relazioni intime.
Se un uomo ha rifiutato la sua natura femminile, aborrirà la parte femminile negli altri uomini, aspettandosi dalla sua partner di sostenere totalmente il suo concetto di femminilità. Ciò comporterà anche aspre critiche per ogni comportamento indipendente e assertivo da lei dimostrato.
Analogamente, una donna che non ha sviluppato la sua parte maschile, si aspetterà che il suo uomo sia totalmente potente, realizzato ed eroico, sopprimendo allo stesso tempo in se stessa queste qualità.
Le donne che dichiarano di volere un uomo gentile e poi lo rifiutano quando quello dimostra i suoi sentimenti o la sua tenerezza, stanno proiettando il loro animus. Se permettessero alla loro parte maschile di crescere, permetterebbero ai loro uomini di essere più gentili.
Sia nelle relazioni eterosessuali che in quelle omosessuali gli archetipi possono essere rovesciati.
Identità sessuale e ierogamia
La socializzazione è l’ambito in cui un individuo acquisisce i suoi modelli comportamentali, le motivazioni, le attitudini e i valori che la cultura ritiene importanti.
Le parti di noi che vengono ignorate o rifiutate regrediscono nella sfera dell’inconscio ed entrano a far parte dell’ombra, separate dalla personalità.
La persona è costituita dagli aspetti che ci portano amore, mentre l’ombra da quelli che appaiono inaccettabili.
Da adulti, parte del nostro quarto chakra opera per riunire la persona con l’ombra rifiutata, per giungere infine all’equilibrio e all’unità.
La risoluzione dell’anima e dell’animus costituisce il matrimonio sacro interiore, la ierogamia, l’equilibrio delle energie maschili e femminili interne.
Queste nozze alchemiche, come Jung le definisce, sono un altro passo verso il processo di individuazione che conduce all’unità.
Soltanto quando questo processo accade all’interno, possiamo sperare di essere liberi dalla dipendenza e dalla proiezione e di entrare in modo nitido e libero in relazione con un altro.
In genere lo stadio ierogamico nel processo di individuazione si verifica a metà della vita.
Negli stadi evolutivi precedenti della nostra personalità, spesso favoriamo una parte piuttosto che un’altra.
Come dice Jung, “l’amore è il dinamismo che infallibilmente porta alla luce l’inconscio”.
L’intimità dell’amore rivela e integra l’ombra. L’accettazione amorevole di un altro fa sì che le parti rifiutate della nostra psiche emergano senza pericolo.
Non soltanto le relazioni forniscono un contesto in cui l’ombra deve emergere, ma l’intimità ci invita a condividere queste parti più profonde e nascoste di noi stessi.
Per poter raggiungere l’intimità dobbiamo innanzitutto possedere un senso del sé. Dobbiamo trovarci in intimo contatto con la nostra parte interna, conoscere le nostre necessità, le nostre paure, i nostri limiti e le nostre speranze.
Se conosciamo il sé che sta dentro di noi possiamo onorare il sé che vive in un altro. Dobbiamo amare abbastanza il nostro sé da poterlo apertamente offrire a qualcun altro. Se manca l’amore per sé tutto ciò non può accadere.
La danza di Eros e Thanatos
Una delle dinamiche più dure da accettare nel campo dell’amore e delle relazioni è la danza tra Eros, la forza vitale che attrae e unisce, e Thanatos, la forza della morte che divide e distrugge. Tuttavia, è impossibile avere Eros senza Thanatos.
“È finita”. È in quel momento che ci troviamo faccia a faccia con Thanatos.
Il che non significa che tutte le relazioni devono finire in tragedia, ma che l’unione e la separazione sono due passi di una stessa danza.
Coloro che vogliono soltanto l’unione e che idealizzano l’amore, spesso provano le più grandi pene. Grande è il loro disappunto quando, avendo dato tutto quello che potevano e pregiando il loro amore sopra ogni cosa, vedono il loro amato maltrattare con noncuranza quel che essi avevano considerato sacro.
Non è tanto l’idealismo che è sbagliato, quanto la negazione di Thanatos che fa apparire dall’ombra le sue forme meno piacevoli e lo fa diventare terribile nella sua insistenza.
Coloro, invece, che rispettano la separazione e l’individualismo come parte del fluire e crescere delle relazioni, rinnovano continuamente la danza di Eros.
Talvolta abbiamo bisogno di erigere un altare alle nostre divinità più terribili per ricordarci un’esistenza che avremmo altrimenti ignorato, a nostro rischio e pericolo.
Così, possiamo evitare il lato doloroso di Thanatos se ci ricordiamo di onorarne la presenza riconoscendo in noi stessi e negli altri il bisogno della separazione per continuare la danza dell’amore e dell’attrazione.
Demone: il Dolore
Mentre il terzo Chakra, Manipura, richiedeva di imparare i principi energetici del trattenere e lasciare andare, nel quarto Chakra, Anahata, si lavora con il protendersi e accogliere. La paura e il dolore bloccano una o entrambe queste risposte.
Il dolore della separazione ci riporta all’abbandono e ci fa sentire impotenti. Ma, talvolta, il dolore che portiamo dentro e che ricorre nelle situazioni di separazione altro non è che il lutto per la perdita della nostra stessa autenticità.
Dove la ferita è il dolore, la compassione è il guaritore.
Compassione significa letteralmente “provare passione con”, si riferisce dunque a provare la stessa passione come processo doloroso di qualcun altro. Si tratta, in pratica, dell’empatia.
L’empatia porta a riconoscere i bisogni altrui. Se i nostri bisogni sono stati accolti e soddisfatti, possiamo spartire la nostra pienezza con un altro.
In tal modo, con lo sviluppo di Anahata Chakra, oltre ad risolvere il dualismo maschile e femminile, si risolve anche il dualismo Io e gli Altri.
La capacità di provare compassione per altri dipende innanzitutto dalla nostra personale capacità di essere in contatto con i nostri struggimenti e il nostro dolore.
La vera compassione è un atto che si muove con il sé, è ancorato dal sé ed è in grado di rispondere al sé di un altro.
Lo sviluppo adulto del Chakra del Cuore, Anahata, porta a trascendere l’ego, a integrare i Chakra inferiori e superiori, a creare la sacra unione del maschile e del femminile e a sviluppare l’empatia sociale e l’altruismo attraverso l’auto-accettazione e l’amore per se stessi.
Conflitto: Attaccamento Vs Libertà
È attraverso le braccia che ci protendiamo e tocchiamo, e attraverso le braccia attiriamo a noi quello che ci è necessario, sia fisicamente che emotivamente. Più spesso un movimento prevale sull’altro.
Attaccamento e libertà sono i modi in cui sperimentiamo le forze universali nel loro trattenere e lasciar andare.
Quando il nostro partner si ritrae, l’anima diventa insicura e vuole rimanere attaccata.
Quando il nostro partner si attacca, lo spirito si sente irrequieto e costretto. Più un partner insiste su un aspetto, più il suo innamorato desidererà l’opposto.
L’equilibrio dinamico è una danza tra attaccamento e libertà, un equilibrio tra anima e spirito, tra espansione e costrizione, tra libertà e impegno.
Diritto fondamentale: amare ed essere amati.
Traumi ed Effetti traumatici su Anahata Chakra
Distorsione
Dal momento che il bambino è totalmente dipendente, non vi è spazio nella sua mente per la contraddizione esistente tra amore e abuso.
Per far sì che il loro mondo rimanga coerente, i bambini negano gli effetti dell’abuso, oppure si convincono di meritarlo.
Persino gli atti di crudeltà sono visti come atti d’amore. L’amore che un bambino prova per i suoi genitori assicura che i loro atti consci o inconsci di crudeltà mentale non vengano rivelati.
In seguito, nelle relazioni adulte, è possibile che si rimanga ciechi agli abusi che il nostro partner opera su di noi. Le relazioni conflittuali deviano il nostro concetto dell’amore.
Perdita di Sé
Nelle relazioni adulte esiste la scelta (percepita o no) di alzarci e andarcene quando qualcuno ci maltratta.
Un bambino, invece, non ha questa possibilità. Un bambino non può neppure scegliere di non amare.
L’effetto di un maltrattamento su un bambino si verifica contemporaneamente a tre livelli:
1) l’esperienza dell’abuso, che può creare dei traumi che alterano il naturale sviluppo del corpo e della psiche;
2) l’interpretazione dell’abuso, che in genere viene attribuita alla nostra incapacità, in quanto opposta a quella dei nostri genitori;
3) la fusione dell’abuso con l’amore, in cui le due cose vengono messe in relazione l’una con l’altra, collegate inseparabilmente. Questo collegamento perpetua l’abuso nelle relazioni adulte.
La violenza altera il nostro amore per la vita. Se la vita è dolorosa, ostile o solitaria e vuota, diventa un’esperienza di sopportazione.
Rifiuto
L’adulto che viene lasciato dalla persona che ama, non solo soffre la solitudine e l’abbandono, ma riceve anche un messaggio negativo da qualcuno che rispetta e apprezza e che gli dice che è imperfetto, indegno e non voluto.
Immaginate cosa significhi per un bambino sentirsi rifiutato. Ebbene, il rifiuto da parte di un genitore per un bambino equivale alla morte. Il bimbo inizierà con lo svalutarsi, arrivando persino ad odiarsi, finché si disidentifica da sé stesso per compiacere chi lo sta rifiutando. Infine, adotterà lo stesso comportamento di rifiuto verso se stesso.
Alcune persone, quando vengono rifiutate, invece di rattristarsi divengono piene di rabbia. Questo è un meccanismo di autoconservazione, poiché infrange il legame negativo e l’eccessiva identificazione.
Talvolta, tuttavia, il rifiuto porta alla luce delle verità che è necessario affrontare. Non c’è sveglia più potente della perdita reale o potenziale della persona che amiamo. È una delle più forti spinte al cambiamento, ma è anche una delle più dure. Troppa rabbia può obnubilare le grandi lezioni che si presentano.
È importante operare una distinzione tra un’eccessiva identificazione con l’amato e le verità che dobbiamo imparare. Se ci sono delle lezioni importanti che dobbiamo imparare, dobbiamo affrontarle con un atteggiamento di compassione nei confronti di noi stessi, poiché mai la compassione è più necessaria di quando la sofferenza è tanto profonda.
Anahata Chakra in Breve
Caratteristiche Equilibrate
Poiché il chakra del cuore è il punto centrale di un sistema di sette centri, l’equilibrio è una parte essenziale.
Nel secondo Chakra abbiamo incontrato (e si spera integrato) la nostra ombra, che contiene gli aspetti rifiutati e, quindi, divenuti inconsci, della nostra personalità.
Quando l’ombra è integrata, liberiamo l’energia che in precedenza veniva usata per respingerla e proprio questa ritrovata energia muove verso la coscienza del terzo chakra, dove avviene il processo di individuazione.
Se l’archetipo del proprio sesso opposto è represso, le sue qualità appariranno aliene e persino indesiderabili. L’impresa, invece, è quella di recuperarle, piuttosto che cercare qualcuno che le incarni per noi, mentre noi rimaniamo incompleti.
Quando l’anima e l’animus vengono sviluppati in modo armonioso, le nostre relazioni saranno stabili ed al contempo libere da qualsivoglia costrizione, dotate di fiducia e rispetto reciproco.
Tuttavia, l’equilibrio non è mai statico ma è un’omeostasi continuamente fluttuante, una dinamica flessibile di dare e avere,
che si stabilizza nel tempo e in molti modi diversi, come una danza.
Carenza Energetica
Un Chakra del cuore carente risponde alle ferite che provocano dolore ritirandosi.
Essendo stato ferito in precedenza il cuore diventa un sistema chiuso e l’amore diventa condizionato. Dice: se non fai questo vuol dire che non mi ami ed io non ti amerò più.
Il cuore gioca un gioco freddo, come se il rifiutare l’amore possa manipolare qualcuno costringendolo ad amarci di più.
Un quarto chakra carente, in genere aspetta un cavaliere dall’armatura lucente o una fata madrina che vengano a salvarlo. I pratica lui o lei desiderano che qualcuno veda quanto soffre e che gli risolva il problema. Ma questo, ovviamente, non potrà mai accadere.
Quando il chakra del cuore è carente, si tende a rimanere bloccati nel passato.
Così, si può essere legati a relazioni che sono finite molto tempo prima, perché quello era un momento in cui ci si è sentiti amati. Oppure, si rimane bloccati dalla rabbia e dal tradimento senza mai perdonare.
Se il cuore non è stato riempito, se ne attribuisce la causa all’altra persona invece che assumersene la responsabilità. La volontà di non perdonare mantiene il cuore chiuso per difendersi dalla mancanza di amore.
L’eccesso e la carenza spesso sono stadi compensativi e tendono alla co-dipendenza.
Eccesso Energetico
Un eccesso nel chakra del cuore non significa un eccesso di amore, bensì un uso eccessivo dell’amore per compensare le ferite.
In questa situazione, gli altri diventano strumenti per appagare le nostre necessità, e diventano vittime inconsapevoli, trascinate nel dramma delle nostre ferite.
L’amore eccessivo è disperato, perché ha bisogno di costante rassicurazione e non concede all’altro la libertà di essere ciò che è. L’enfasi che viene riversata sull’altra persona è esagerata e si diventa esigenti e possessivi.
L’amore diventa un’ossessione in cui l’essere amato è più un’estensione di noi stessi che un essere separato. La gelosia è una proiezione dell’insicurezza, prodotta dal cuore affamato.
Con un quarto chakra in eccesso energetico, l’amore è usato come fosse una droga, che serve a farci toccare il cielo e a liberarci dalle nostre responsabilità e dalle nostre sofferenze non risolte. L’altra persona compensa la nostra incompletezza, oppure la usiamo per arrivare dove noi stessi non possiamo o non vogliamo andare.
Eros e Thanatos sono impari e la separazione non è tollerata, finché, proprio il costante stato di bisogno provoca il rifiuto. Ciò che non fa che approfondire la ferita interiore, creando un’insicurezza ancora maggiore.
I confini divengono fragili, la discriminazione è appannata. Infine, la relazione diventa invasiva e offensiva, sia psichicamente che fisicamente.
Eppure, paradossalmente, l’individuo voleva e lavorava per un legame (di fantasia) in cui tutto era perfetto.
Strategie di Cura
Non è semplice lavorare con Anahata Chakra perché vuol dire lavorare sul dolore, su ferite inferte in precedenza e mai guarite, che si riaprono in determinate situazioni.
Noi soffriamo sostanzialmente perché in noi vi è un’essenza sacra che è stata compromessa. Piangere quell’essenza significa recuperarla e darle l’importanza che merita. Solo così è possibile recuperare la nostra interezza.
Per poter amare occorre riconoscere e rispettare l’individualità di ciascuna parte composita che vive entro di noi. C’è una parte in noi che cerca il successo e una che lo teme credendo di non meritarlo. Vi è la parte che anela al coinvolgimento sentimentale e la parte che desidera la libertà. C’è il bambino interiore, l’adolescente ribelle, il genitore amorevole ed altre parti ancora che potremo osservare nel corso della vita.
Non è sufficiente riconoscere le parti di noi stessi per integrarle. una volta riconosciute occorre rigenerarle attraverso un processo relazionale interiore, per riuscire a formare l’unità in noi.
Onorando le sottili relazioni che intercorrono tra le nostre parti, scopriremo che le emozioni sono in contatto col modo di pensare, che il bambino vulnerabile crea un’alleanza col nostro adulto responsabile, che il nostro critico interiore, invece di permeare ogni pensiero, si collega realisticamente al nostro senso di autoprotezione.
Le parti sono molte e le combinazioni infinite e, tra esse, la nostra parte maschile e la nostra parte femminile si amano indissolubilmente.
La nostra capacità di comprendere e di lavorare con relazioni esterne si intensifica mediante la complessità di quelle interne. L’auto-accettazione è la base per la nostra identità sociale.
Attraverso l’auto-accettazione scopriremo il perdono. Solo dopo il processo di auto-accettazione non avremo più difficoltà ad accettare gli altri così come sono.
Il perdono, infatti, si avvale della compassione ed è un atto di redenzione.
Si dice che il perdono sia il passo definitivo verso la guarigione, ma vi è ancora una cosa che accadrà alla fine di questo processo: la contemplazione del sé. La contemplazione stabilisce una relazione sacra. E’ quel momento della consapevolezza in cui semplicemente si incontra ciò che è. È semplicemente essere testimoni.
Quando contempliamo il sé, noi assistiamo alla una manifestazione dell’energia che vive dentro di noi, con tutte le sue speranze e i suoi timori, gioie e lacrime. Questo assistere “è il cuore del cuore”.
Affermazioni: sono degno di essere amato
Anahata nelle Discipline Olistiche
Elemento: Aria
Colore: Verde
Sistema Endocrino: timo
Profumi: sandalo; le resine in generale
Cristalli: quarzo rosa